Conflitti neurovascolari
12 Dicembre 2018 by Team Raco
I conflitti neurovascolari si verificano per la compressione di un nervo cranico da parte di un’arteria o raramente di una o più vene. Ci sono diverse sindromi che ne rappresentano le possibili manifestazioni. Si tratta della nevralgia del trigemino, dell’emispasmo facciale, della nevralgia glossofaringea, del torcicollo dovuto a compromissione dell’XI nervo cranico.
Generalmente la compressione di uno dei nervi cranici avviene a livello del loro ingresso nel tronco encefalico, nel punto cui si fa riferimento con l’espressione “root entry zone”, contratta nell’acronimo REZ. In corrispondenza della REZ il rivestimento mielinico di origine centrale, costituito di oligodendrociti, viene sostituito dalla mielina periferica in cui sono presenti cellule di Shwann.
Il professor Antonino Raco e la sua équipe operano con successo pazienti affetti da nevralgia del trigemino o emispasmo facciale con interventi specifici di chirurgia vascolare cerebrale.
Il professor Raco svolge inoltre un’intensa attività didattica ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Visita e opera i pazienti presso la clinica Villa Margherita di Roma. Inoltre, è consulente per l’Ospedale G. Panico. In provincia di Lecce, visita presso il Poliambulatorio di Specchia. A Latina visita i pazienti presso il Medtech Center.
1) NEVRALGIA DEL TRIGEMINO
Il nervo trigemino è il quinto dei dodici nervi cranici del sistema nervoso periferico. Si tratta di un nervo misto, ma ha prevalentemente fibre sensitive. Origina dal ponte nel tronco encefalico e si scinde in tre branche: il nervo oftalmico, il nervo mascellare e il nervo mandibolare. I primi due sono costituiti da sole fibre sensitive, il terzo da fibre sensitive e motorie.
La nevralgia del trigemino rappresenta una delle cause più frequenti di dolore facciale intenso e invalidante. Si stima che ogni anno ci siano quattro o cinque nuovi casi di nevralgia del trigemino ogni 100.000 abitanti. L’esordio della patologia avviene generalmente dopo i cinquant’anni.
La nevralgia del trigemino atipica si differenzia dalla forma tipica per la mancanza di “trigger points”, le zone “grilletto” che scatenano il dolore quando sono anche solo sfiorate.
Nevralgia del trigemino: cause e predisposizione
Nella maggior parte dei casi, la nevralgia del trigemino è causata dalla compressione del nervo da parte dell’arteria cerebellare antero-inferiore o dalla superiore (AICA o SCA), più raramente dall’arteria vertebrale, uno dei vasi arteriosi che irrorano il cervelletto.
A causa dello schiacciamento, le fibre sensitive perdono progressivamente il loro rivestimento mielinico. In questa condizione si verifica la trasmissione efaptica dell’impulso nervoso. Nella condizione di progressiva demielinizzazione, i neuroni tendono a dar luogo a impulsi spontanei ectopici che vengono trasmessi alle fibre di tipo nocicettivo con un esiguo rivestimento di mielina. Così gli stimoli cutanei tattili vengono trasformati nelle tipiche scosse dolorose della nevralgia del trigemino.
Nel 2% dei casi, la nevralgia del trigemino è causata dalla sclerosi multipla. In particolare, nei pazienti affetti da questa patologia, l’alterazione del trigemino si presenta bilateralmente. Circa un quinto dei pazienti con nevralgia trigeminale bilaterale ha una diagnosi di sclerosi multipla.
Nevralgia del trigemino: sintomi e segni
Nella sua forma tipica, la nevralgia del trigemino si manifesta in modo caratteristico. L’esordio della sintomatologia è improvviso. Il dolore è lancinante e simile a una scossa elettrica. Si irradia sul volto in corrispondenza di una o più delle tre branche del nervo trigemino. Sul viso sono presenti i cosiddetti “trigger points”. Il termine “trigger” significa “grilletto”, ma anche “scatenare”. Dunque, i trigger points sono zone del viso che scatenano il dolore quando vengono toccate.
I pazienti affetti da nevralgia del trigemino tipica identificano stimoli specifici che danno avvio agli episodi dolorosi. La patologia influisce negativamente anche sull’emotività dei soggetti che ne sono colpiti. Infatti, agli attacchi dolorosi si alternano periodi in cui il paziente vive nella paura del loro ritorno.
Riassumendo, la nevralgia del trigemino è diagnosticata quando concomitano le seguenti caratteristiche:
- Dolore lancinante simile a una scossa elettrica, che si irradia lungo una o più delle tre branche del trigemino;
- Presenza di trigger points;
- Identificazione di stimoli specifici che scatenano il dolore;
- Esordio dei sintomi del tutto improvviso.
La diagnosi di nevralgia del trigemino viene effettuata attraverso una RM dell’encefalo mirata a studiare nel dettaglio l’angolo pontocerebellare con sequenze FIESTA (Fast Imaging Employing Steady-state Acquisition).
Nevralgia del trigemino: terapia e intervento di chirurgia vascolare cerebrale
Dopo una diagnosi di nevralgia del trigemino, la terapia farmacologica costituisce il primo passo per controllare la sintomatologia. Vengono utilizzati Carbamazepina e Gabapentin, farmaci per il trattamento dell’epilessia che comportano una riduzione della vigilanza. Può essere assunta con dosi incrementali fino a 1200 mg, ma deve essere presa in considerazione la possibilità che induca leucopenia, cioè una diminuzione della quantità di leucociti nel sangue. Nel corso del tempo la terapia farmacologica della nevralgia del trigemino può perdere di efficacia.
Quando la nevralgia del trigemino non risponde più alla terapia farmacologica, occorre valutare l’eventualità di intervenire con il trattamento chirurgico, che deve essere eseguito da professionisti che rappresentano l’eccellenza della neurochirurgia, come il professor Antonino Raco. L’intervento consiste nella Decompressione Neuro-Vascolare (DNV) che viene attuata attraverso tecniche microchirurgiche. I vasi sanguigni vengono separati strutturalmente dal nervo in modo da liberare le fibre nervose. L’arteria viene allontanata dal nervo e per mantenere la nuova posizione vengono utilizzate falde di Teflon o colla biologica. Nei casi in cui le caratteristiche anatomiche lo rendono possibile, l’arteria può essere stabilizzata sulla superficie più vicina di dura madre.
Il Teflon o altri materiali simili non devono ricoprire il nervo, ma il vaso sanguigno, per evitare che si verifichi compressione iatrogena, cioè uno schiacciamento del nervo provocato proprio dall’operazione chirurgica. Per raggiungere la sede dell’intervento viene utilizzata la via chirurgica retro sigmoidea occipitale/laterale che permette di ridurre al minimo l’invasività dell’intervento. Infatti, grazie a questa tecnica viene praticata solo una minima rimozione ossea dietro l’orecchio che viene poi richiusa al termine della procedura.
L’intervento chirurgico dà i risultati sperati nell’80-90% dei casi. L’intervento per nevralgia del trigemino ha una più alta probabilità di successo in quei casi in cui non è stato necessario frapporre Teflon tra il vaso e il nervo. Infatti, questa modalità scongiura la possibilità di ricadute con una compressione determinata dal materiale protesico. Si interviene unicamente sull’arteria che viene sollevata dal nervo e suturata alla superficie vicina della dura madre. Così non deve essere interposto materiale estraneo tra le due strutture anatomiche del vaso sanguigno e del nervo.
Nevralgia del trigemino: decorso postoperatorio
Il paziente ha un beneficio immediato dopo il trattamento chirurgico per nevralgia del trigemino. Infatti, i dolori parossistici scompaiono subito dopo l’esecuzione della procedura. Sono mantenute integre tutte le funzioni sensitive del volto e la sensibilità dell’occhio. L’intervento non comporta la resezione di alcuna fibra nervosa. Così non si manifestano aree di anestesia dolorosa facciale.
La scomparsa del dolore subito dopo l’intervento avviene in un’ampia percentuale di casi. Nelle valutazioni a distanza di tempo, a oltre sei anni dopo l’operazione chirurgica, i risultati sono soddisfacenti con completa assenza di dolore per l’80-90% dei pazienti operati. L’intervento di chirurgia vascolare cerebrale di decompressione per la nevralgia del trigemino deve essere eseguito da professionisti esperti che rappresentino l’eccellenza della neurochirurgia.
2) EMISPASMO FACCIALE
L’emispasmo facciale è una condizione patologica che si verifica in conseguenza di un conflitto neurovascolare, come nel caso della nevralgia del trigemino. La compressione in questo caso interessa il nervo facciale, cioè il settimo paio dei nervi cranici. La sindrome dell’emispasmo facciale colpisce generalmente persone con più di quarant’anni. Dai dati risulta una prevalenza della patologia nel genere femminile.
Il nervo facciale è costituito da due diramazioni. Una rappresenta il nervo facciale vero e proprio, in cui sono presenti fibre motrici somatiche che controllano l’espressività del viso. Infatti, innervano i muscoli mimici e altri muscoli del volto. Il secondo ramo del nervo facciale è il nervo intermedio del Wrisberg, costituito da fibre sensitive somatiche e viscerali e da fibre parasimpatiche pregangliari. Le prime innervano i due terzi anteriori della lingua e una parte del padiglione auricolare. Le seconde raggiungono le ghiandole lacrimali, quelle salivari e sottolinguali, e le ghiandole della mucosa del naso e del palato.
Il nervo facciale emerge dal peduncolo cerebellare, che collega il tronco encefalico con il cervelletto. Percorre il meato acustico interno e si immette nel canale facciale in cui è presente il ganglio genicolato. Nel punto in cui il nervo fuoriesce dal canale facciale, all’altezza della parotide, si suddivide in molte piccole diramazioni che vanno a innervare il cuoio capelluto, il padiglione auricolare, il volto, una parte del muscolo digastrico, lo stiloideo e il platisma.
Emispasmo facciale: cause e predisposizione
Nella maggior parte dei casi l’emispasmo facciale è causato dalla compressione del nervo facciale da parte di un vaso sanguigno. Alla base del fenomeno ci può essere una anomalia di decorso arterioso.
Generalmente, nei casi di emispasmo facciale, come nella nevralgia trigeminale, i vasi sanguigni responsabili dello schiacciamento delle fibre nervose sono l’arteria cerebellare postero-inferiore e l’arteria cerebellare antero-inferiore. La guaina mielinica viene progressivamente danneggiata dalle sollecitazioni che derivano dal vaso pulsante. Così nei soggetti predisposti, con un’aumentata eccitabilità cellulare, si scatenano i sintomi tipici della patologia.
Più raramente la compressione del nervo facciale è determinata dalla presenza di un tumore. Possono essere individuate anche cause non compressive come la sclerosi multipla e gli infarti parenchimali. Gli stati emotivi intensi, l’affaticamento e le luci forti sono fattori che aggravano la sintomatologia dell’emispasmo facciale.
Emispasmo facciale: sintomi e segni
La sindrome dell’emispasmo facciale causa sintomi e segni importanti che condizionano fortemente la vista sociale dell’individuo. Le manifestazioni della patologia consistono in contrazioni involontarie di uno o più muscoli innervati dal settimo nervo cranico. Nella fase iniziale la contrazione involontaria interessa i muscoli della palpebra. Successivamente la sintomatologia si diffonde e coinvolge altri gruppi dell’emivolto.
Possono essere coinvolti anche il muscolo frontale, lo zigomatico, il platisma, il corrugatore, l’orbicolare della bocca e altri. In rari casi il paziente accusa la percezione di “ticchettii” causati dagli spasmi del muscolo stapedio che controlla il movimento degli ossicini dell’orecchio. Le contrazioni involontarie del volto portano a sfigurare il paziente che di conseguenza tende a isolarsi e può cadere in depressione.
La diagnosi di emispamo facciale viene formulata sulla base dell’anamnesi, dell’esame neurologico obiettivo, dopo un’analisi accurata di indagini radiologiche ed elettromiografiche. Un altro strumento indispensabile per rendere certa la diagnosi di emispasmo facciale è la RM con mezzo di contrasto con sequenze CISS o FIESTA.
Emispasmo facciale: terapia e trattamento chirurgico
Dopo una diagnosi di emispasmo facciale, la prima terapia che viene proposta e attuata consiste in iniezioni selettive di tossina botulinica. Nei casi in cui questa strategia terapeutica si rivela inefficace, viene valutata la possibilità di intervenire chirurgicamente.
Emispasmo del VII sinistro trattato con infiltrazioni di Botulino
L’accesso alla sede chirurgica avviene per via retrosigmoidea, come nell’intervento per la nevralgia del trigemino. Viene praticata una minicraniectomia dietro l’orecchio, una tecnica che permette di raggiungere il nevo e liberarlo dalla compressione, frapponendo o meno materiale tipo Dacron o Teflon fra l’arteria e il nervo.
L’intervento chirurgico nell’immediato determina una risoluzione immediata dell’emispasmo, ma non completa. Le contrazioni involontarie cessano nell’arco di alcune settimane dopo l’operazione.
L’intervento è coronato da un successo percentualmente inferiore rispetto alla nevralgia trigeminale.
Emispasmo facciale: chirurgia vascolare cerebrale
L’intervento chirurgico di decompressione neurovascolare per l’emispasmo facciale deve essere eseguito da professionisti di eccellenza della neurochirurgia. L’obiettivo dell’operazione è rimuovere la causa della compressione, cioè dislocare il vaso in modo che le fibre nervose non siano più sottoposte a traumi meccanici e all’onda sfigmica pressoria.
Come per la nevralgia del trigemino, anche nel caso dell’emispasmo facciale si pratica una microcraniectomia retro sigmoidea, ovvero viene rimosso solo un piccolo lembo di osso dietro l’orecchio. Al termine dell’intervento la piccola apertura praticata viene richiusa rimettendo in posizione il frammento osseo.
La procedura chirurgica di decompressione neurovascolare per l’emispasmo facciale ha successo nel 70-80% dei casi. Negli anni successivi all’intervento può verificarsi una recidiva in una percentuale di casi pari al 15%.
Neurochirurghi di eccellenza per i conflitti neurovascolari: il professor Antonino Raco
I conflitti neurovascolari possono essere risolti grazie alle tecniche di chirurgia mininvasiva che permettono di ridurre al minimo il trauma dell’operazione. Tra i neurochirurghi di eccellenza che praticano l’intervento di decompressione neurovascolare, il professor Antonino Raco si distingue per l’intensa attività scientifica con numerose pubblicazioni e un’esperienza consolidata negli anni, forte anche del supporto di una équipe competente e di tecnologie all’avanguardia.
Il professor Raco è Professore Ordinario della Cattedra di Neurochirurgia alla Sapienza di Roma, Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia e del Master di Tecniche chirurgiche e tecnologie innovative in neurochirurgia della stessa Università. Dirige inoltre l’Unità Operativa Complessa (UOC) di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma.
Pioniere della Awake Surgery (chirurgia da sveglio) e delle tecniche mininvasive, Raco visita e opera alla clinica Villa Margherita di Roma. Offre la propria consulenza presso l’Ospedale G. Panico. Visita presso il Poliambulatorio di Specchia e al Medtech Center di Latina.