Patologia cerebrovascolare
7 Dicembre 2018 by Team Raco
Con il termine ‘patologia cerebrovascolare‘ si intende una qualsiasi alterazione a livello cerebrale che origina da un processo patologico a carico dei vasi sanguigni.
Si tratta di malattie che tendono a presentarsi con frequenza elevata ma che in alcuni casi possono rimanere asintomatiche anche per l’intero arco di vita della persona. Al contrario, quando dovessero manifestarsi, le più comuni patologie cerebrovascolari di interesse chirurgico possono essere classificate in tre grandi gruppi:
- Aneurismi cerebrali (intracranici)
- Malformazioni Artero-Venose (MAV)
- Cavernomi cerebrali
Grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più innovative, oggi è possibile affrontare con successo gli interventi su patologie come queste. Nel trattamento dell’aneurisma cerebrale, delle MAV e dell’angioma cavernoso, la neurochirurgia rappresenta il metodo più risolutivo, di conseguenza è di fondamentale importanza informarsi sui professionisti migliori per effettuare le rispettive operazioni, che abbiano esperienza, capacità e competenze adatte ad intervenire al meglio.
Il successo di un intervento è certamente da attribuire al neurochirurgo, ma non solo. Il supporto di una équipe competente, formata da professionisti in campo medico, è un elemento altrettanto indispensabile che, insieme a tecnologie all’avanguardia, contribuisce in maniera determinante all’esito positivo.
Gli interventi del prof. Antonino Raco, tra i neurochirurghi di eccellenza per operazioni su pazienti affetti da patologie cerebrovascolari, si caratterizzano per ognuno dei precedenti aspetti.
Il prof. Raco dirige la U.O.C. di Neurochirurgia presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea. Ai molti casi risolti con successo negli anni affianca una lunga esperienza di relatore e moderatore a Congressi nazionali ed internazionali ed una serie di pubblicazioni in materia. Nel 2001 è stato Presidente della Sezione cerebrovascolare al 9° Congresso del WFNS (Società Mondiale di Neurochirurgia) a Sydney, in Australia..
A ROMA il professor Raco effettua visite e interventi chirurgici alla Clinica Villa Margherita. A TRICASE (LE) è consulente presso l’Ospedale G. Panico, a SPECCHIA visita al Poliambulatorio, a LATINA al Medtech Center.
1) ANEURISMA CEREBRALE: cos’è
Gli aneurismi cerebrali o intracranici sono delle malformazioni vascolari che consistono in dilatazioni patologiche delle arterie cerebrali, caratterizzate da una degenerazione della struttura della parete vasale.
Tali sacche, che si presentano sotto forma di bolla, contengono sangue che circola in modo anomalo, impetuoso, impattando sulle fragili pareti. Solo in una bassa percentuale gli aneurismi si manifestano e questo avviene, nella maggioranza dei casi (90%), a seguito della rottura dell’aneurisma cerebrale e della conseguente fuoriuscita di sangue (emorragia subaracnoidea).
Nel 7% dei casi, si manifestano con un deficit a livello neurologico, per compressione delle strutture nervose limitrofe. Infine, nel 3% dei casi, l’aneurisma intracranico viene individuato nel corso di altri tipi di esame, in maniera del tutto casuale.
Generalmente (90% dei casi) questa patologia cerebro-vascolare non è ereditaria, tuttavia in alcune famiglie è presente una predisposizione a sviluppare aneurismi intracranici. In tali gruppi è quindi consigliabile l’esecuzione di uno screening preventivo, tramite angiografia cerebrale (quando si siano verificati almeno due casi accertati, dei quali uno o entrambi abbia coinvolto un parente di primo grado), oltre ad alcuni accorgimenti che potrebbero aiutare ad evitare un sanguinamento.
Tipologie di aneurisma intracranico
Gli aneurismi cerebrali vengono descritti in base alla dimensione, alla forma, alla sede e alla patogenesi che porta alla loro formazione. Alcuni aneurismi sono secondari ad altre patologie intracraniche, quali infezioni o frequentemente associati a malformazioni artero-venose. Tipicamente, si distinguono a seconda della loro forma in:
- Aneurismi sacculari (o sacciformi) – i più comuni. Hanno un fondo a cupola, frequentemente sede della rottura, una sacca ed un colletto più sottile, punto di unione con il vaso portante. Si presentano, generalmente, contestualmente ad un difetto congenito relativo alla tonaca intima ad una delle tre componenti della parete arteriosa;
- Aneurismi fusiformi – spesso dovuti all’aterosclerosi, per cui le pareti delle arterie si induriscono, perdendo di elasticità, a seguito di accumuli di colesterolo;
- Aneurismi micotici (o infettivi) – derivanti da un’infezione delle pareti arteriose dovuta alla circolazione di germi di vario tipo (più frequentemente in soggetti immunodepressi, quali i tossicodipendenti);
- Aneurismi post-traumatici – a seguito di una lesione dell’arteria, provocata da un trauma profondo.
La loro localizzazione interessa diversi punti dell’albero arterioso cerebrale, del circolo anteriore ma anche di quello posteriore: generalmente alla biforcazione delle arterie nello spazio subaracnoideo. Le sedi di localizzazione più comuni sono: l’arteria carotide interna, l’arteria cerebrale media, l’arteria comunicante anteriore e nel circolo posteriore dell’arteria basilare.
Molte patologie vascolari, come l’aneurisma, possono provocare danni cerebrali e si manifestano con sintomi simili, tuttavia è opportuno tenere in considerazione che esiste differenza tra ictus emorragico, ischemia e aneurisma cerebrale. Per questa ragione si sottopongono i pazienti a TC o RM, proprio per poter fare una diagnosi differenziale.
Aneurisma cerebrale: cause
Quando si verifica la rottura di un aneurisma cerebrale, annunciata da un improvviso dolore nucale lancinante, descritto dai pazienti come a “colpo di pugnale” le cause sono spesso da individuare a livello embriologico, con una debolezza congenita della parete più interna dell’arteria da cui si sviluppa l’aneurisma. Proprio perché la formazione di tali patologie cerebrovascolari è localizzata in corrispondenza delle biforcazioni delle arterie, al fattore embriologico va aggiunto quello ipertensivo, nei punti in cui i vasi sanguigni si biforcano e dove l’onda sfigmica pressoria si sviluppa con maggiore forza.
Fattori di rischio dell’aneurisma intracranico
Se in relazione all’aneurisma cerebrale le cause sono tutt’ora poco chiare, i fattori di rischio secondari predisponenti alla rottura dell’aneurisma cerebrale in bambini e adulti sono molti e diversi tra loro:
- ipertensione arteriosa
- abuso di alcolici e superalcolici
- tabagismo
- uso di sostanze stupefacenti
- infezioni e stati infettivi trasmessi per via ematica
- molto raramente traumi cranici gravi
- età (rischio maggiore dopo i 40 anni)
- sesso (le donne risultano più soggette alla rottura dell’aneurisma cerebrale. Le cause, in questo caso specifico, si riferiscono alla menopausa e al conseguente abbassamento degli estrogeni che porta le pareti arteriose a perdere di elasticità)
Infine, si riscontra un collegamento con alcune malattie congenite, ad esempio il rene policistico, una malformazione artero-venosa cerebrale (MAV), coartazione aortica e disturbi ereditari del tessuto connettivo.
Aneurisma cerebrale: sintomi
Gli aneurismi intracranici, poiché di piccole dimensioni, non si comportano come lesioni occupanti spazio. Per questa ragione sono molto spesso asintomatici, fintanto che non si rompono, esitando in un quadro di emorragia subaracnoidea.
Talora la rottura può essere preceduta da un campanello di allarme una cefalea improvvisa, la cosiddetta “warning leak”, che altro non è che una modesta fissurazione della sacca aneurismatica. In caso di rottura conclamata dell’aneurisma cerebrale (rottura della sacca aneurismatica), che spesso si verifica in maniera improvvisa, i disturbi sono eterogenei e dipendono da fattori quali la grandezza dell’aneurisma cerebrale e la sua localizzazione.
Nei casi di aneurisma cerebrale rotto, i principali sintomi di esordio potrebbero essere:
- Improvvisa cefalea acuta (sempre presente), spesso irradiata a livello della nuca
- Disturbi visivi: visione doppia (diplopia) o offuscata,
- Insofferenza alla luce (fotofobia)
- Disturbi della motilità oculare (relativi quindi ai nervi cranici)
- Nausea e vomito
- Convulsioni e perdite di coscienza
- Deficit di forza di un lato del corpo o di un arto
- Disturbi del linguaggio
- Stato confusionale
Generalmente, come già anticipato, quando l’aneurisma cerebrale non è rotto, non si presenta alcun sintomo. In alcuni casi, però, per particolari dimensioni o localizzazioni, è possibile che si manifestino ugualmente i sintomi dovuti ad una lesione occupante spazio.
Diagnosi dell’aneurisma cerebrale
Se dovesse capitare di avvertire disturbi associabili ai sintomi di aneurisma cerebrale, anche non rotto, sarà importante recarsi subito dallo specialista neurochirurgo.
Per procedere alla diagnosi di aneurisma cerebrale – già pre-diagnosticabile in presenza dei sintomi tipici e inequivocabili della rottura dell’aneurisma cerebrale, il primo passo è rappresentato dall’ESAME OBIETTIVO. Durante tale esame il medico interroga il paziente ed eventualmente chi era con lui al momento in cui si è verificata la rottura dell’aneurisma.
La raccolta di informazioni circa i disturbi che si sono verificati e le abitudini di vita (ossia l’anamnesi o storia clinica) del paziente rappresentano un passaggio importante per comprendere meglio il quadro clinico, prevalentemente in presenza del sospetto di aneurisma cerebrale non rotto.
Il secondo passo è il ricorso agli ESAMI STRUMENTALI, e vale a dire quei macchinari in grado di confermare il sospetto. Per la diagnosi dell’aneurisma cerebrale e delle sue cause, della sede di localizzazione e dell’area cerebrale interessata dall’emorragia subaracnoidea, gli esami strumentali più efficaci (in grado quindi anche di confermare o escludere la sospetta diagnosi) sono:
- TAC (Tomografia Assiale Computerizzata): tramite radiazioni ionizzanti (raggi X) si ricavano immagini in grado di mostrare la presenza di sangue in sede subaracnoidea. Ciò è molto utile perché così siamo in grado di fare una diagnosi differenziale con l’ictus emorragico.
Viene quindi effettuata una ANGIO-TAC, specifica per evidenziare i vasi sanguigni tramite l’utilizzo di mezzi di contrasto. Questa mostra l’entità della rottura dell’aneurisma cerebrale, il punto nel quale si è verificata, le dimensioni dell’aneurisma e i suoi rapporti con i vasi cerebrali;
- PUNTURA LOMBARE: quando la TAC dovesse risultare negativa ma l’aneurisma intracranico rappresentasse ancora l’ipotesi più accreditata, gli specialisti possono procedere ad effettuare questo esame, tramite il quale prelevare e analizzare un campione del liquor (liquido cefalorachidiano) che, in caso di emorragia subaracnoidea, conterrà tracce di sangue;
- ANGIO-RM o RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE (RNM): questo esame permette di visualizzare sia i vasi sanguigni, sia il sito dove è avvenuta la rottura, ma è un esame piuttosto lungo, generalmente non utilizzato in urgenza per l’aneurisma cerebrale. L’angio-RM deve essere eseguita con mezzo di contrasto per poter visualizzare i vasi;
- ANGIOGRAFIA CEREBRALE: se vi fossero ulteriori dubbi, in caso di aneurismi giganti o quando questi siano localizzati in vicinanza della base cranica, si procede ad eseguire l’angiografia cerebrale, più invasiva dell’angio-TAC. Viene inserito un catetere e un liquido di contrasto a base iodata nel sistema arterioso del soggetto, generalmente attraverso l’arteria femorale tramite l’angiografo, per osservare il flusso sanguigno dei vasi che irrorano il cervello. Si ha così un esame dinamico che permette di decidere con più informazioni il lato di approccio e la quantità di flusso cerebrale che giunge alla sacca aneurismatica.
Trattamento dell’aneurisma cerebrale
Per stabilire il migliore trattamento per l’aneurisma cerebrale, è necessario valutare diversi fattori come la forma, la localizzazione e la morfologia della sacca con il rapporto fondo colletto, l’età e le condizioni del paziente, ecc. In base a tali aspetti, la decisione può vertere tre due scelte ben distinte: il trattamento dell’aneurisma cerebrale con intervento chirurgico o endovascolare, entrambi effettuati in anestesia generale.
I progressi che interessano le tecniche e le tecnologie impiegate per la microchirurgia hanno consentito, ad oggi, di registrare una percentuale elevata di successi nel trattamento dell’aneurisma cerebrale sia nei bambini (dove sono estremamente rari) che negli adulti.
Anche quando si dovesse scoprire la presenza di un aneurisma cerebrale non rotto, talvolta alla semplice osservazione subentra la necessità di intervenire chirurgicamente.
In ogni caso, l’obiettivo è quello di escludere completamente e in modo definitivo l’aneurisma dal circolo sanguigno. È doveroso precisare che, nonostante il trattamento dell’aneurisma cerebrale con intervento endovascolare risulti apparentemente meno invasivo rispetto alla chirurgia, con questa metodica un’occlusione completa è realizzabile solo nel 70% dei casi. Il trattamento chirurgico rimane, quindi, la scelta d’elezione, in particolare per curare i casi di aneurisma cerebrale nella popolazione più giovane.
· Trattamento dell’aneurisma cerebrale tramite intervento chirurgico
L’esclusione dell’aneurisma cerebrale tramite intervento chirurgico è un’operazione che prende il nome di clipping o clippaggio.
Dopo aver proceduto ad una craniotomia, quindi ad un’incisione cutanea e della teca cranica necessaria per raggiungere il punto interessato dalla lesione, grazie ad apposite clip in titanio il chirurgo provvede a chiudere selettivamente il colletto dell’aneurisma, così da impedire al sangue di alimentare ulteriormente l’aneurisma e annullare il rischio che questo possa nuovamente rompere la fragile parete vasale.
· Trattamento dell’aneurisma cerebrale tramite intervento endovascolare (embolizzazione)
Tecnica di più recente invenzione, la cura dell’aneurisma cerebrale con intervento endovascolare è conosciuta con il nome di embolizzazione. In questo caso, il radiologo interventista procede ad inserire un microcatetere attraverso un’arteria in zona inguinale (arteria femorale) e, grazie al supporto visivo consentito dal controllo angiografico, lo conduce progressivamente verso il vaso interessato dalla lesione.
Una volta raggiunto l’aneurisma cerebrale, l’intervento consiste nel rilascio, all’interno di esso, di sottili filamenti metallici costituiti da spirali in platino che mirano a rallentare il flusso di sangue all’interno della sacca creatasi e, in tal modo, dar luogo ad un fenomeno trombotico.
Il trattamento dell’aneurisma cerebrale con intervento endovascolare prevede l’esclusione, ma in 1 caso su 5, a distanza di tempo, si è costretti ad intervenire nuovamente per una seconda occlusione.
Nell’ambito delle tecniche endovascolari è inoltre possibile affidarsi ad un’altra procedura detta Flow diversion (deviazione di flusso) che consiste nel posizionamento di una protesi metallica lungo l’arteria da cui origina la lesione, ricostruendo così la parete vascolare e isolando l’aneurisma, in modo tale che non vi scorra più sangue all’interno.
Il trattamento dell’aneurisma cerebrale con intervento endovascolare Flow diversion è indicato quando l’aneurisma presenta un colletto largo (es. oltre 1cm di diametro).
Come per ogni operazione chirurgica e trattamento endovascolare, anche nel trattamento di un aneurisma cerebrale vi sono dei rischi e possibili conseguenze dopo la procedura. Si tratta di una valutazione necessariamente da considerare.
D’altro canto, il trattamento si impone in quanto il 30% dei pazienti con aneurisma cerebrale rotto va incontro a decesso alla prima emorragia senza neanche poter essere trattati e un altro 30% subirà danni permanenti derivanti dall’emorragia dal vasospasmo o dall’idrocefalo.
A seguito dell’operazione, a seconda dello stato del paziente al momento del ricovero, la convalescenza e i tempi di recupero saranno diversi.
2) MALFORMAZIONI ARTERO-VENOSE CEREBRALI
Le malformazioni artero-venose (MAV) costituiscono un’anomalia congenita dello sviluppo dei vasi sanguigni.
In caso di MAV le arterie (che spesso presentano volumi di dimensioni maggiori rispetto alla norma – ipertrofia) confluiscono nelle vene di scarico, saltando il fitto intreccio di capillari (letto), la cui funzione è proprio quella di ridurre la pressione sanguigna. Ne deriva che gli scarichi venosi subiscono una costante pressione anomala che porta a conseguenze spesso gravi, quali la rottura.
Si tratta dunque di lesioni presenti sin dalla nascita, tuttavia non ereditarie, ove vene e arterie si ritrovano in diretta comunicazione in mancanza del letto capillare, fondamentale per regolare la comunicazione diretta tra il compartimento arterioso e quello venoso.
Dall’angioarchitettura del nidus (ossia del gomitolo di vasi anomali presenti) si individua la portata della MAV, congiunzione diretta tra più vene e arterie. Diversamente, in presenza di una singola arteria in comunicazione diretta con una vena, si parla di FAV (fistola artero-venosa) cerebrale o spinale.
Sintomi delle malformazioni artero-venose cerebrali
Il primo sintomo della presenza di una MAV è una crisi epilettica oppure un’emorragia. Possono essere precedute da cefalea o emicranie o da un deficit di forza o disturbo del linguaggio, dovuti a fenomeni di “furto cerebrale di sangue” da parte della malformazione rispetto al parenchima cerebrale sano.
In seguito al sanguinamento può svilupparsi una sindrome da ipertensione endocranica (aumento della pressione all’interno della scatola cranica, spesso annunciata da vomito, nausea, mal di testa, visione doppia o offuscata…) e un idrocefalo (accumulo anomalo di liquor all’interno dei ventricoli cerebrali e conseguente aumento di pressione nel cranio). Entrambe queste complicanze mettono a rischio la vita del paziente.
Nella diagnosi di MAV (malformazione artero-venosa) si impone l’utilizzo dell’angiografia cerebrale: l’esame prevede l’inserimento di un catetere di e un liquido di contrasto nel sistema arterioso del paziente. Tale procedura, che avviene generalmente passando attraverso l’arteria femorale per mezzo di un angiografo, consente di osservare il flusso di sangue all’interno dei vasi che irrorano il cervello.
Questo esame dinamico permette di studiare l’angio-architettura della malformazione con più informazioni sulla portanza dei vasi, la quantità di flusso cerebrale che giunge alla MAV, l’eventuale presenza di fenomeni di furto di sangue cerebrale, la localizzazione e la dimensione dei vasi di scarico venosi e, infine, la precisa localizzazione dei vasi di carico arteriosi.
Trattamento delle malformazioni artero-venose cerebrali
Lo scopo del trattamento delle MAV, è quello di prevenire ove possibile il sanguinamento dovuto alla rottura del nidus (ossia del gomitolo di vasi anomali). Se ciò non fosse possibile, perché la prima manifestazione dell’angioma è stata l’emorragia, il trattamento chirurgico si prefigge lo scopo di rimuovere parzialmente o totalmente l’emorragia, oltre a chiudere con clip e pinze bipolari i vasi arteriosi afferenti alla malformazione, ottenendo così frequentemente anche il controllo delle crisi epilettiche.
La terapia chirurgica, coadiuvata da quella endovascolare ed in casi molto rari e selezionati da quella radiochirurgica, permette l’asportazione completa della malformazione vascolare e talora la guarigione dalla sintomatologia epilettica se questa non si è instaurata da troppo tempo.
3) CAVERNOMI CEREBRALI
I cavernomi cerebrali (noti anche come angioma cavernoso) sono malformazioni vascolari congenite del sistema nervoso centrale, costituite da un’agglomerazione anomala di vasi sanguigni intrecciati all’interno dell’encefalo, in un contesto di tessuto cerebrale sano.
Si tratta di tumori benigni che possono essere singoli o multipli (cavernomatosi multipla), generalmente di dimensioni variabili da pochi millimetri a 3-4 cm e di forma simile ad una mora o lampone. Tale denominazione si riferisce all’aspetto del cavernoma il quale presenta strutture multiple, chiamate appunto caverne, con forma di bolle ripiene di sangue.
I cavernomi cerebrali possono comparire ovunque nell’encefalo, tuttavia si sviluppano più spesso in sede corticale.
Sintomi dell’angioma cavernoso cerebrale
Spesso, il soggetto con angioma cavernoso intracranico non accusa alcun tipo di sintomo o disturbo che potrebbe esser collegato alla patologia. In questi casi, si parla di cavernoma cerebrale asintomatico.
Nel caso di angioma cerebrale sintomatico, invece, l’esordio è tipicamente rappresentato da una crisi epilettica o da un quadro emorragico. Possono inoltre presentarsi deficit a livello neurologico, progressivi o transitori (difficoltà di linguaggio, emiparesi, visione doppia o disturbo di sensibilità ad un braccio o ad una gamba, cefalea violenta nel caso di rottura ecc.) e mal di testa.
La diagnosi di cavernoma cerebrale viene fatta con l’utilizzo della RM che permette di definire chiaramente la sede della lesione, le dimensioni e la presenza di eventuali sanguinamenti.
Trattamento dell’angioma cavernoso in neurochirurgia
Il trattamento dell’angioma cavernoso in neurochirurgia dipende generalmente dalla presenza di emorragia o crisi epilettiche.
L’unico trattamento possibile nei casi di cavernoma cerebrale caratterizzato dalla presenza di emorragie o gravi deficit neurologici è l’asportazione chirurgica.
- Rimozione dell’angioma cavernoso tramite microchirurgia – asportazione del tumore benigno a seguito di craniotomia, eseguita in anestesia generale;
- Trattamento dell’angioma cavernoso tramite radiochirurgia stereotassica, Gamma Knife – indicato solo come trattamento palliativo e non risolutivo, per alcuni angiomi profondi non operabili. Consiste nell’esposizione della massa ad un fascio di raggi ionizzanti che raramente portano ad una risoluzione del quadro clinico e radiologico.
Neurochirurghi di Eccellenza per patologie cerebrovascolari: Prof. Antonino Raco
Patologie cerebrovascolari come un aneurisma intracranico, una malformazione artero-venosa cerebrale o un angioma cavernoso richiedono l’intervento rapido di un professionista.
Tra i neurochirurghi di Eccellenza nel settore, il Professor Antonino Raco vanta una lunga esperienza sia nel trattamento di aneurisma cerebrali che di altre patologie come quelle sopracitate. Affiancato da un’équipe di collaboratori efficienti e con l’ausilio di tecnologie all’avanguardia, opera con successo un gran numero di pazienti ogni anno.
Ha partecipato a diversi Congressi nazionali e internazionali, nel ruolo di Presidente o responsabile scientifico di differenti sezioni, tra cui quella cerebrovascolare (Chairman – Sydney, Australia – 2001) e ha in attivo numerose pubblicazioni sul tema delle patologie cerebrovascolari. Si dedica con passione all’insegnamento presso la Sapienza-Università di Roma. Qui infatti veste il ruolo di Professore Ordinario della Cattedra di Neurochirurgia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia e Direttore del Master in Tecniche chirurgiche e tecnologie innovative in neurochirurgia.
Il professor Raco riceve e opera a Roma presso l’istituto privato Villa Margherita. Dirige l’U.O.C. di Neurochirurgia all’Ospedale Sant’Andrea, sempre nella capitale. Inoltre, a Tricase, nella provincia di Lecce, il professor Raco offre consulenze presso l’Ospedale G. Panico. Nel comune di Specchia, visita al Poliambulatorio. A Latina svolge attività ambulatoriale al Medtech Center.