Patologie cerebrovascolari: Approfondimenti
12 Novembre 2018 by Team Raco
Questa sezione è dedicata a diversi argomenti in riferimento alle Patologie cerebrovascolari. Una trattazione completa rispetto al tema è disponibile alla pagina principale. Qui è possibile trovare approfondimenti in merito a:
1. Aneurisma cerebrale: prevenzione
2. Differenza tra ischemia, ictus e aneurisma cerebrale
3. Emorragia subaracnoidea da rottura dell’aneurisma cerebrale
4. Sintomi aneurisma cerebrale non rotto
5. Rischio dell’operazione per aneurisma cerebrale e conseguenze dopo l’intervento
– Trattamento microchirurgico per aneurisma cerebrale e conseguenze dopo l’intervento
– Trattamento endovascolare per aneurisma cerebrale e conseguenze dopo l’intervento
6. Convalescenza dopo intervento di aneurisma cerebrale: tempi di recupero
7. Terapia chirurgica, endovascolare e radiochirurgica per la cura delle MAV
8. Microchirurgia per il trattamento di cavernomi cerebrali
9. Radiochirurgia: trattamento Gamma Knife per cavernomi cerebrali
1) Aneurisma cerebrale: prevenzione
Non esiste la prevenzione nella formazione di un aneurisma cerebrale. Qualora alle indagini diagnostiche venga accertata casualmente la presenza di un aneurisma cerebrale, chiaramente non rotto, e si decida di non trattarlo per le condizioni del paziente, l’età molto avanzata e/o la presenza di patologie concomitanti, la prevenzione dei fattori di rischio si riflette fondamentalmente nei seguenti punti:
- Effettuare periodici controlli della pressione arteriosa, per verificare che i paramentri siano nella norma;
- Condurre uno stile di vita sano (smettere di fumare, limitare la caffeina, non abusare di alcol o droghe, mangiare sano);
- Evitare sforzi fisici violenti, improvvisi e prolungati
- Praticare attività fisica, anche in misura moderata
Ciò detto, il 50% degli aneurismi si rompe nel sonno, in uno stato di assoluto riposo, quindi la letteratura scientifica sull’argomento ci dice che possiamo fare poco per evitare il sanguinamento dell’aneurisma cerebrale in termini di prevenzione.
2) Differenza tra ischemia, ictus e aneurisma cerebrale
La patologia cerebrovascolare è un ambito molto complesso della medicina ed è bene chiarire la differenza tra ischemia, ictus ischemico ed emorragico e aneurisma cerebrale.
In linea di massima quando parliamo di un episodio ictale intendiamo l’insorgenza di un deficit acuto in un paziente, che può essere di natura ischemica o emorragica. All’inizio del percorso diagnostico lo specialista non conosce la natura dell’ictus e può solo azzardare una diagnosi di probabilità.
In seguito, grazie agli esami diagnostici (TC e RM), avrà una diagnosi di certezza.
La differenza tra ictus e ischemia
L’ischemia consiste nell’improvviso diminuzione o arresto del flusso sanguigno in un tessuto, conseguenza dell’ostruzione di un vaso sanguigno dovuta a embolia, trombosi o per un evento traumatico. I sintomi determinati dall’ischemia dipendono dalla sede in cui essa insorge. L’ischemia cerebrale presenta una sintomatologia dipendente dall’area del cervello che viene colpita ed entra in sofferenza. Senza una corretta irrorazione, le cellule cerebrali sono private della giusta quantità di ossigeno e nutrienti necessari al loro funzionamento. Così prende avvio la necrosi del tessuto interessato.
Nei casi di prognosi favorevole, l’ischemia si risolve entro 24 ore e i sintomi si risolvono senza lasciare conseguenze permanenti. Si parla in questo caso di TIA: attacco ischemico transitorio.
Se l’ischemia si protrae per più di 24 ore si parla di ictus ischemico, una condizione che può portare a deficit permanenti, gravi disabilità o addirittura alla morte del paziente.
La differenza tra ictus ischemico e ictus emorragico
L’ictus è una patologia acuta, l’evoluzione è cioè veloce e i sintomi si instaurano e progrediscono in un breve lasso di tempo. La rapidità dell’intervento dei soccorsi fa la differenza per determinare la prognosi del paziente.
L’ictus ischemico avviene a causa dell’ostruzione di un vaso cerebrale, mentre l’ictus emorragico a seguito della rottura di un vaso sanguigno. In entrambe le eventualità i tessuti del cervello subiscono un’interruzione del corretto apporto di ossigeno e nutrienti, entrano in sofferenza e inizia il processo di necrosi, un insieme di alterazioni strutturali irreversibili che causano la morte delle cellule. L’ictus emorragico viene anche denominato con l’espressione “emorragia cerebrale”. Si stima che l’8-18% degli ictus sia emorragico, mentre il restante 80-90% consegua a infarto ischemico. L’ictus ischemico può evolvere in emorragia entro una settimana dall’evento acuto a causa della riperfusione del tessuto cerebrale danneggiato, cioè del ritorno del flusso ematico nell’area dove in un primo momento si è verificata ischemia. Questa eventualità si presente nel 20-40% dei casi di ictus ischemico.
L’aneurisma cerebrale è una delle cause di ictus emorragico. Infatti, l’aneurisma cerebrale è un’alterazione del tessuto di un’arteria che consiste in una dilatazione focale, una debolezza localizzata delle pareti arteriose che può evolvere nella loro rottura. La rottura di un aneurisma cerebrale intracranico causa emorragia atraumatica nello spazio subaracnoideo (ESA), cioè lo spazio presente tra l’aracnoide e la pia madre, la meninge intermedia e quella più interna delle tre che rivestono encefalo e midollo spinale.
3) Emorragia subaracnoidea da rottura dell’aneurisma cerebrale
Questo particolare tipo di emorragia si verifica tipicamente alla rottura di un aneurisma cerebrale: è infatti una modalità di esordio caratteristica della patologia. L’emorragia subaracnoidea (ESA), un improvviso sanguinamento all’interno dello spazio compreso tra l’aracnoide e la pia madre, rappresenta un evento sconvolgente per l’individuo.
L’emorragia subaracnoidea ha un tasso di mortalità del 45% entro trenta giorni dall’esordio della sintomatologia, mentre la metà dei sopravvissuti riporta disabilità permanenti.
Si manifesta con sintomi vari, dalla cefalea intensa al vomito, dai disturbi del linguaggio al coma. L’elevata mortalità dell’emorragia subaracnoidea è legata alle complicanze che possono sopravvenire. Le più temute sono:
- VASOSPASMO– restringimento delle arterie cerebrali dovuto ad uno spasmo che si verifica in seguito allo spandimento subaracnoideo di cataboliti del sangue;
- IDROCEFALO (acuto o tardivo) – dilatazione dei ventricoli cerebrali provocata dell’alterazione della normale circolazione del liquor. Questa è a sua volta causata dall’accumulo di sangue nello spazio subaracnoideo a seguito della rottura dell’aneurisma cerebrale;
- RISANGUINAMENTO– situazione di rischio nei primi giorni successivi alla rottura, qualora l’aneurisma non venga trattato immediatamente;
- ALTERAZIONI IDRO-ELETTROLITICHE– profonde variazioni a livello di sodio e potassio a causa dell’alterazione dei meccanismi neuro-endocrini che regolano i liquidi corporei.
L’ESA viene diagnosticata tramite Tomografia Computerizzata (TC) senza mezzo di contrasto.
4) Sintomi aneurisma cerebrale non rotto
Generalmente, salvo i casi in cui si verifichi la rottura della sacca aneurismatica, tale patologia cerebrovascolare non presenta alcuna manifestazione clinica.
Esistono tuttavia alcune eccezioni per cui è possibile individuare sintomi di aneurisma cerebrale non rotto, come ad esempio un effetto compressivo sulle strutture circostanti (ossia sui nervi cranici vicini). In alcuni casi, grazie soprattutto ai recenti progressi neuro-radiologici, l’aneurisma può essere riscontrato incidentalmente nel corso di indagini svolte per differenti motivi.
Altri sintomi di aneurisma cerebrale non rotto, che vanno a sommarsi a quelli da rottura elencati nel precedente paragrafo, possono essere:
- Dolore acuto sopra o interno all’occhio
- Deficit della motilità oculare con midriasi (pupilla aperta)
- In caso di aneurismi giganti, questi possono presentarsi come vere e proprie lesioni occupanti spazio/tumori, con conseguenti deficit neurologici, emiparesi, disturbi del linguaggio e deficit a carico dei nervi cranici
Il prof Antonino Raco fa parte dell’International Giant Aneurysm Study Group ed è considerato una autorità in questo campo, avendo operato molti pazienti affetti da tale patologia e pubblicato molti lavori scientifici, rintracciabili su PubMed.
5) Rischio dell’operazione per aneurisma cerebrale e conseguenze dopo l’intervento
In alcune circostanze fortunate, un aneurisma cerebrale può essere diagnosticato prima che avvenga la sua rottura. Infatti, mentre nel 90% dei casi l’aneurisma resta asintomatico fino alla sua rottura, nel 7% la malformazione del tessuto arterioso dà luogo a sintomi perché determina una compressione delle strutture nervose. Infine, un aneurisma può anche essere diagnosticato casualmente nel corso di una TC o di una RM fatta per altri motivi.
Dopo aver evidenziato la presenza di un aneurisma non ancora rotto, neurochirurghi e neuroradiologi stabiliscono come intervenire a seconda delle caratteristiche dell’aneurisma, delle sue dimensioni, del rapporto colletto-sacca e della sua collocazione. Le possibilità di trattamento sono due: il trattamento microchirurgico e quello endovascolare.
In sala operatoria ci sono rischi per entrambi i trattamenti per aneurisma cerebrale, con eventuali conseguenze dopo l’intervento. In ogni caso, l’incidenza di eventi avversi durante terapia microchirurgica o endovascolare non è paragonabile con l’alto tasso di mortalità dei pazienti con emorragia cerebrale conseguente a rottura dell’aneurisma che non vengono trattati ed abbandonati al proprio destino.
· Trattamento microchirurgico per aneurisma cerebrale e conseguenze dopo l’intervento
Il trattamento microchirurgico viene eseguito con l’ausilio di speciali clip di titanio non ferromagnetiche con le quali si effettua la chiusura del colletto dell’aneurisma. Le microclip sono come delle “mollette” che vengono posizionate alla base del colletto della malformazione. In questo modo la sacca aneurismatica viene esclusa dalla normale circolazione sanguigna.
Per realizzare l’operazione microchirurgica per aneurisma cerebrale evitando conseguenze post operatorie vengono impiegate le tecnologie più all’avanguardia:
- Microscopio operatorioSi tratta di uno strumento indispensabile per avere una risoluzione nitida, un’ottima illuminazione, fluorescenza intraoperatoria che permette di distinguere i vasi arteriosi più piccoli detti perforanti, visualizzazione 3D, tutti aspetti fondamentali per limitare l’area di intervento del chirurgo e rendere l’operazione meno invasiva.
- Fluoroangiografia intraoperatoriaSi tratta di una tecnica di monitoraggio intraoperatorio che prevede la somministrazione per via endovenosa di un colorante, la fluorescina, per meglio visualizzare i vasi cerebrali e controllarne la pervietà
- Endoscopia 3DL’endoscopia è una tecnica diagnostica e di monitoraggio per immagini che permette di ottenere una visualizzazione 3D dell’ambiente in cui il chirurgo sta operando. Viene realizzata grazie a uno strumento chiamato “endoscopio” dotato di una telecamera e una fonte di luce. Così il livello di dettaglio dell’immagine è nettamente migliore rispetto a quello che si ottiene con la visione naturale e il neurochirurgo può operare guardando un monitor. È talora utilizzata per controllare il corretto posizionamento della clip in casi selezionati.
- Microdoppler intraoperatorioIl micro doppler intraoperatorio permette di mantenere monitorato il flusso dei vasi arteriosi cerebrali.
I rischi del trattamento microchirurgico per aneurisma cerebrale e le conseguenze dopo l’intervento sono legati alla possibilità che insorgano eventi ischemici durante l’intervento per clippaggi temporanei dei vasi portanti oppure che avvenga la rottura della sacca aneurismatica durante le manovre di dissezione, con la necessità di effettuare manovre di emergenza.
In queste circostanze avverse, un’operazione microchirurgica per aneurisma cerebrale può avere conseguenze post operatorie che possono essere più o meno gravi, a seconda dell’area in cui si trova l’aneurisma che viene a essere danneggiata, anche se è molto difficile stabilire se il peggioramento del paziente sia attribuibile alle manovre chirurgiche a all’emorragia iniziale. L’incidenza di tali complicanze è modesta, intorno al 10-15%, perché le tecniche microchirurgiche permettono di ridurre sensibilmente l’incidenza di complicanze.
· Trattamento endovascolare per aneurisma cerebrale e conseguenze dopo l’intervento
Il trattamento endovascolare per aneurisma cerebrale comporta conseguenze post operatorie molto limitate perché viene eseguito con la tecnica consolidata della angiografia. I vasi cerebrali sono raggiunti da una sonda passando attraverso l’arteria femorale. Il procedimento non prevede la craniotomia, cioè la resezione di un lembo del cranio, ed è quindi una procedura meno invasiva rispetto all’intervento chirurgico.
L’aneurisma viene riempito di filamenti in titanio e si posiziona uno stent che esclude l’aneurisma dalla normale circolazione sanguigna. Lo stent è un piccolo cilindro in materiale metallico.
Anche nel caso del trattamento endovascolare per aneurisma cerebrale le conseguenze dopo l’intervento sono legate al rischio di eventi ischemici transitori e permanenti e al pericolo di rottura dell’aneurisma durante l’operazione.
Uno dei vantaggi del trattamento endovascolare è quello di causare meno traumi rispetto all’operazione chirurgica per aneurisma cerebrale con riduzione delle conseguenze post operatorie. Inoltre, questa tecnica rende possibile l’accesso ad aneurismi collocati in sedi critiche, difficilmente raggiungibili con l’intervento chirurgico.
Tuttavia, il trattamento endovascolare non è possibile per tutti gli aneurismi, ma solo per quelli con una forma particolare. Un’ulteriore limitazione è data dal fatto che un’eventuale emorragia durante la procedura risulta difficile da controllare.
6) Convalescenza dopo intervento di aneurisma cerebrale: tempi di recupero
Come per il trattamento vero e proprio, anche il recupero e la convalescenza dopo un intervento di aneurisma cerebrale (tempi di recupero compresi) dipende dai singoli casi clinici e, contestualmente, da fattori diversi, quali:
- Condizioni del paziente al momento del ricovero e volume dell’emorragia
- Fase d’intervento: “acuta” (entro 3 giorni dall’emorragia subaracnoidea) o “tardiva” (da 3 a 10 giorni dopo)
- Difficoltà nel trattamento dell’aneurisma cerebrale, tipicamente a seconda della posizione della lesione
- Abilità del chirurgo/del suo team
- Tipologia di operazione sull’aneurisma cerebrale (intervento chirurgico o endovascolare): l’embolizzazione, in quanto meno invasiva rispetto al clippaggio dell’aneurisma cerebrale, prevede tempi di recupero più brevi.
Per questa tipologia di operazione, anche la convalescenza dopo un intervento di aneurisma cerebrale non rotto – intesa in termini di degenza – è ridotta a 4-5giorni, contro le 3-4 settimane necessarie in caso di rottura della sacca aneurismatica.
Per gli interventi chirurgici, invece, le tempistiche sono superiori.
7) Terapia chirurgica, endovascolare e radiochirurgica per la cura delle MAV
Il trattamento delle malformazioni arterovenose (MAV) è multidisciplinare. Infatti, prevede approcci diversi e necessari: endovascolare, neurochirurgico e radiochirurgico. Non c’è un trattamento standard per ogni malformazione artero-venosa, ma l’insieme delle procedure terapeutiche vengono stabilite in base alla collocazione dell’anomalia, alle sue dimensioni, ai sintomi generati e all’età del paziente.
Terapia microchirurgica
Il trattamento microchirurgico consiste nell’isolare la malformazione arterovenosa così che la riduzione del flusso sanguigno al suo interno ne determini lo “spegnimento” e ne renda possibile l’asportazione. Questo processo avviene con la chiusura del passaggio tra il nidus, cioè l’insieme dei vasi anomali, e i vasi sani.
La circolazione del sangue nel nidus è così drasticamente ridimensionata e si può di conseguenza procedere a rimuoverlo. L’operazione risulta fattibile perché all’interno della malformazione arterovenosa non c’è materia cerebrale funzionante.
La terapia microchirurgica delle malformazioni arterovenose viene realizzata con l’ausilio di moderne tecniche di monitoraggio elettrofisiologico e di neuro navigazione. In questo modo è scongiurato il rischio di danneggiare zone eloquenti del cervello, cioè aree collegate a una specifica funzione che se danneggiate determinano paralisi o serie alterazioni del linguaggio.
Terapia endovascolare
La terapia endovascolare è adatta a malformazioni arterovenose di piccole dimensioni. Viene adottata la stessa tecnica dell’angiografia, in cui con un catetere si risale dall’inguine passando per l’arteria femorale fino a raggiungere i vasi anomali, che vengono embolizzati. L’embolizzazione consiste nell’occludere un vaso attraverso l’inserimento di colla chirurgica o altri tipi di materiali adatti. Si tratta di una procedura che può essere effettuata come trattamento pre-chirurgico o pre-radiochirurgico in caso di malformazioni arterovenose di dimensioni medie o consistenti.
Terapia radiochirurgica
La terapia radiochirurgica può essere effettuata solo su malformazioni arterovenose di diametro inferiore ai 3 cm. Per neutralizzare completamente l’anomalia sono necessarie diverse sedute di trattamento che possono protrarsi fino a due anni, un lasso di tempo in cui permane il rischio di sanguinamento della malformazione arterovenosa con conseguente emorragia cerebrale.
Il trattamento radio chirurgico viene eseguito utilizzando raggi x oppure raggi gamma che vengono orientati sulla malformazione arterovenosa attraverso un collimatore, cioè uno strumento in grado di trasformare un fascio di raggi proveniente da una sorgente in un fascio di raggi paralleli. In questo modo la procedura raggiunge un livello di precisione che può essere definito “chirurgico”.
I raggi x e i raggi gamma fanno sì che i tessuti della malformazione arterovenosa si ispessiscano progressivamente fino alla chiusura del vaso malato. Viene quindi provocata una ipertrofia delle pareti del vaso sanguigno con malformazione che si chiude a poco a poco, risolvendo i casi di anomalie non molto estese.
8) Microchirurgia per il trattamento di cavernomi cerebrali
L’angioma cavernoso in neurochirurgia viene affrontato con un trattamento microchirurgico. Fanno eccezione i cavernomi situati nel tronco, profondi, o con sede spinale, che vanno valutati singolarmente, e spesso, se asintomatici, non vengono trattati.
La diagnosi di angioma cavernoso in neurochirurgia può essere fatta attraverso una TAC, ma informazioni più dettagliate sulla natura della malformazione sono evidenziate dalla risonanza magnetica nucleare (RMN).
L’angioma cavernoso trattato dalla neurochirurgia è una malformazione vascolare a basso rischio di sanguinamento. Nel caso in cui si verifichi un’emorragia per il sanguinamento di un angioma cavernoso è difficile che essa sia tanto massiva da determinare grave disabilità. Nel momento in cui si verifica un primo sanguinamento di un angioma cavernoso occorre trattarlo con le risorse a disposizione della neurochirurgia.
Per evitare di provocare lesioni in zone eloquenti del cervello, cioè aree altamente specializzate collegate a funzioni motorie o al linguaggio, nel trattamento microchirurgico dell’angioma cavernoso vengono impiegate tutte le tecnologie più all’avanguardia: microscopio operatorio, fluoroangiografia intraoperatoria con uso della fluorescina per evidenziare la condizione dei vasi, monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio, endoscopia 3D, micro doppler intraoperatorio.
Richiedono il trattamento chirurgico tutti gli angiomi cavernosi che danno luogo a crisi epilettiche non controllabili attraverso i farmaci, rimuovendo la lesione e tessuto fibroso circostante. Possono esserci angiomi cavernosi multipli su cui deve intervenire la neurochirurgia con l’asportazione della parte dell’anomalia che determina il quadro sintomatologico.
9) Radiochirurgia: trattamento Gamma Knife per cavernomi cerebrali
Il trattamento Gamma Knife è impiegato per trattare angiomi cavernosi, detti anche “cavernomi cerebrali”. Si tratta di una tecnica per radiochirurgia stereotassica intracranica e nella terapia dell’angioma cavernoso è alternativa alla neurochirurgia. L’aggettivo “stereotassico” fa riferimento all’uso di un particolare casco, detto appunto “casco stereotassico”, che viene posizionato sulla testa del paziente che deve sottoporsi al trattamento. Attraverso il casco stereotassico possono essere effettuate delle indagini come la risonanza magnetica con gadolinio per posizionare correttamente lo strumento. In questo modo viene individuata la lesione che deve essere colpita da fasci di raggi gamma con precisione chirurgica.
Il trattamento Gamma Knife per l’angioma cerebrale non comporta un intervento di neurochirurgia effettivo. Si parla di “radiochirurgia” perché la Gamma Knife consente di ottenere risultati simili a quelli di una procedura chirurgica, ma il tutto avviene con un’unica seduta di radioterapia, che può durare da una a sei ore. Il trattamento Gamma Knife è una terapia mini invasiva che viene quasi sempre attuata in ambulatorio, senza il ricovero del paziente.
Il paziente che deve sottoporsi a trattamento Gamma Knife viene lievemente sedato. Successivamente in anestesia locale viene applicato il casco stereotassico. La procedura non è dolorosa, tranne che, in alcuni casi, durante il posizionamento dell’apparecchiatura. I rischi del trattamento Gamma Knife presentano un’incidenza inferiore al 5% e consistono in disturbi neurologici, edema cerebrale, crisi epilettiche, infezioni dei tessuti superficiali (rischio stimato inferiore all’1%), neoplasia radioindotta (un caso su 10.000 in un lasso di tempo che va dai cinque ai trent’anni).
Gli effetti terapeutici della Gamma Knife non sono immediati, ma richiedono alcuni mesi, se non anni. Per questo è necessario un attento monitoraggio delle condizioni del paziente dopo il trattamento. In alcuni casi può essere necessaria una seconda seduta.