Patologia degenerativa della colonna vertebrale
6 Dicembre 2018 by Team Raco
La colonna vertebrale, costituita da un complesso armonico di strutture rigide e mobili (vertebre, dischi, articolazioni, legamenti), supporta il corpo e garantisce una serie di movimenti come flessioni, rotazioni, etc etc.
Con l’età e il tempo, tuttavia, il rachide va incontro a fenomeni degenerativi che coinvolgono inizialmente i dischi intervertebrali dando avvio alla cascata degenerativa, quindi i corpi vertebrali e le faccette articolari.
Tale condizione degenerativa, che interessa sia il nucleo polposo che le strutture ossee della colonna, è chiamata comunemente patologia degenerativa della colonna vertebrale e rappresenta la causa più frequente di dolore al rachide.
In generale, la comparsa di alterazioni morfologiche della colonna vertebrale come ipertrofia dei massicci articolari e olistesi (cioè scivolamento di una vertebra su di un’altra), sono fenomeni strettamente conseguenti all’instaurarsi della cascata degenerativa.
Ciò comporta la perdita, da parte del rachide, di alcune funzioni statiche e dinamiche con la muscolatura vertebrale che deve supplire al disallineamento, dal quale spesso deriva una fatica muscolare con il conseguente dolore.
Tuttavia, tale condizione è associabile non solo al naturale invecchiamento del corpo ma, in diversi casi, anche a fattori di altra natura. In questo senso, la colonna vertebrale può presentare patologie e dolore di origine: muscolare o tendinea, infettiva, tumorale, metabolica, reumatica, traumatica, da malformazioni ecc.
La letteratura internazionale individua a 50 anni un’evidenza clinica di alterazioni della colonna vertebrale (patologie degenerative) nel 20-25% delle persone. Sopra i 65 anni, l’incidenza aumenta fino al 70-90% della popolazione.
Tra i migliori neurochirurghi specialisti nella colonna vertebrale, il professor Antonino Raco opera a Roma con metodi e tecnologie innovative, supportato da un’équipe di altissimo livello. Tra le tecniche più all’avanguardia utilizzate da Raco e dai suoi collaboratori, c’è la chirurgia vertebrale mininvasiva che permette incisioni di dimensioni ridotte, minor danno muscolare, perdite ematiche estremamente contenute, senza necessità di trasfusioni e un decorso postoperatorio più rapido e molto meno doloroso rispetto a quello necessario dopo un intervento di chirurgia a cielo aperto.
Il professor Raco e la sua équipe intervengono con trattamenti chirurgici mininvasivi sulla maggior parte delle patologie degenerative con approcci anteriori laterali o obliqui trans-addominali retro peritoneali, supportati da stabilizzazioni posteriori percutanee.
Raco visita alla Clinica Villa Margherita. Nella provincia di Lecce, a Tricase, opera come consulente per l’Ospedale G. Panico. A Specchia, sempre nel leccese, visita presso il Poloambulatorio. A Latina riceve i pazienti presso il Medtech Center.
Alterazioni della colonna vertebrale: patologie comuni
Le alterazioni della colonna vertebrale causate da fenomeni di natura degenerativa possono interessare diverse parti del rachide. Si distinguono quindi a seconda che colpiscano il tratto cervicale, toracico (dorsale) o lombare e presentano rispettivamente frequenze diverse. Il tratto lombare risulta essere quello più colpito, infatti la lombalgia è un sintomo molto comune, che può dipendere da processi patologici anche molto diversi tra loro. In generale i disturbi più diffusi possono essere ricondotti alle seguenti alterazioni della colonna vertebrale:
- Ernia del disco – espulsa, estrusa o contenuta – cervicale, toracica o lombare;
- Mielopatia o radicolopatia spondiloartrosica cervicale;
- Stenosi del canale vertebrale – cervicale o lombare;
- Spondilolistesi – degenerativa e malformativa-displastica;
- Scoliosi degenerativa dell’adulto.
1) ERNIA DEL DISCO: cervicale, toracica, lombare
La colonna vertebrale è costituita da un insieme di ossa separate l’una dall’altra da dischi intervertebrali, ovvero dei tessuti molli simili a dei piccoli cuscini che fungono da “ammortizzatori”.
Il tessuto molle è rivestito da un anello fibroso (anulus), più resistente, che contiene il tessuto polposo e gelatinoso. Quando il rivestimento esterno del disco si rompe, il nucleo polposo può fuoriuscire dalla propria sede, giungendo all’interno del canale midollare e causando, di conseguenza, un’erniazione del disco.
A seconda del tratto di colonna vertebrale in cui le patologie erniarie si formano, esse si distinguono in tre tipologie:
- Ernia discale cervicale – si crea una sorta di espulsione di un disco tra le vertebre poste a livello cervicale e, di conseguenza: se l’ernia è laterale si verifica la compressione di una radice nervosa diretta ad un braccio (brachialgia), se l’ernia fuoriesce medialmente può essere compresso il midollo spinale. Talora si verificano compressioni miste a carico di una radice e del midollo. La compressione del midollo è sicuramente più grave dal punto di vista funzionale per il paziente
- Ernia discale dorsale o toracica – la più rara tra le alterazioni della colonna vertebrale di questo tipo, ma anche la più rischiosa a livello di trattamento chirurgico. Le ernie dorsali provocano compressione midollare e/o radicolare a livello dei dischi intervertebrali dorsali, con ripercussioni che interessano le vie motorie e sensitive degli arti inferiori con paraparesi
- Ernia discale lombare – la zona lombare è quella maggiormente adibita alla funzione di sostegno del peso corporeo. Per tale motivo, l’ernia lombare rappresenta la varietà più diffusa tra queste patologie; inoltre, data la sua posizione, provoca esclusivamente la compressione delle radici nervose e non del midollo spinale.
Oltre alla classificazione basata sul tratto di colonna vertebrale interessato, è possibile distinguere le ernie a seconda della sede specifica di erniazione del nucleo polposo. In tal senso, vengono individuati due tipi di ernia discale: mediana e postero-laterale.
L’ernia discale mediana, più rara, si fa strada tramite la porzione centrale della superficie posteriore dell’anello; la postero-laterale è la tipologia più frequente e presenta la fuoriuscita del nucleo polposo verso il sacco durale, attraverso la superficie postero-laterale del disco intervertebrale.
Ernia del disco espulsa, estrusa e contenuta
In base al grado di fuoriuscita del nucleo polposo dalla sua sede, un’ultima distinzione classifica tali alterazioni della colonna vertebrale in:
- Ernia del disco contenuta – quando la protuberanza rappresentata dall’ernia è contenuta all’interno dell’anello fibroso;
- Ernia del disco estrusa – quando è presente una rottura dell’anulus e conseguente fuoriuscita del nucleo polposo, ma l’erniazione è ancora contenuta dal legamento longitudinale posteriore;
- Ernia del disco espulsa o migrata – quando, a seguito della lacerazione dell’anello fibroso, non c’è più alcun contatto con il disco di origine. L’ernia del disco espulsa può quindi migrare in varie direzioni verso il sacco spinale (caudale – verso il basso; craniale – verso l’alto)
Ernia cervicale, dorsale, lombare: cause
I disturbi a livello di colonna vertebrale dovuti a patologie di natura erniaria colpiscono in prevalenza soggetti di sesso maschile, giovani adulti tra i 35 e i 50 anni. Per l’ernia al disco, sia toracica, lombare o ernia cervicale, le cause sono molteplici, molte delle quali note. La predisposizione genetica verso una cascata degenerativa precoce è sicuramente importante; il sovraccarico del rachide per eccesso di peso porta, quasi inevitabilmente col passare del tempo, al verificarsi di alterazioni della colonna vertebrale, in particolare dei dischi intervertebrali.
Gli sforzi eccessivi ripetuti nel tempo, ad esempio a seguito di attività lavorative svolte ripetitivamente, rappresentano quindi cause comuni di ernia cervicale, dorsale e lombare. Meno di frequente, tali patologie degenerative della colonna vertebrale sono dovute a sforzi fisici particolarmente intensi ed improvvisi. Infine, posture scorrette, traumi e attività sportive usuranti, sedentarietà e giocano un ruolo importante e spesso multifattoriale.
Sintomi ernia del disco dorsale, cervicale, lombare
I sintomi dell’ernia del disco dipendono fondamentalmente dalla sede della patologia e dalla compressione esercitata sulle diverse strutture (es. ernie dorsali con compressione midollare e/o radicolare, ernie lombari con compressione unicamente radicolare ecc.).
Ernia cervicale: sintomi neurologici, gambe stanche, cervicalgia, brachialgia
I principali sintomi di ernia al disco cervicale è la cervicalgia (dolore al collo), la brachialgia (dolore irradiato al braccio per compressione di una radice cervicale), la mielopatia (sofferenza del midollo con conseguente impaccio motorio agli arti inferiori).
In presenza di alterazioni della colonna vertebrale di questo tipo, il soggetto avverte dolori forti e invalidanti irradiantisi dal collo ad un braccio, tanto da sospendere qualsiasi attività. La compressione causata dall’ernia può esercitarsi sia sulla radice nervosa (in questi casi si parla di radicolopatia cervicale), sia sul midollo.
Oltre al dolore precedentemente descritto, l’ernia cervicale presenta sintomi neurologici particolarmente importanti, come deficit a livello motorio (paresi) di diversa entità agli arti inferiori, formicolii lungo il decorso della radice colpita, scosse elettriche che si propagano lungo il rachide, cefalea muscolo-tensiva, deficit di forza del braccio, disestesie o parestesie (“come molti spilli”) ad un braccio.
Altri disagi sono rappresentati da dolore acuto in caso di rotazione della testa o di movimenti per stirare il collo, debolezza di un gruppo muscolare del braccio e dolore cervicale persistente.
In caso di maggiore gravità della patologia, tipicamente per ernia del disco cervicale espulsa, i sintomi interessano anche le gambe: la compressione del midollo spinale porta infatti a debolezza e rigidità degli arti inferiori, difficoltà a salire le scale.
Sintomi ernia del disco dorsale: problemi agli arti inferiori e dolore toracico
Questa tipologia di ernia raramente richiede un intervento e spesso è asintomatica.
Le ernie dorsali con compressione talvolta midollare e radicolare provocano un dolore a livello toracico “a cintura” o “a barra” nella porzione mediana del torace, in alcuni casi esteso verso il basso (dovuto allo schiacciamento di una radice nervosa).
I sintomi dell’ernia del disco dorsale sono individuati anche come rigidità e difficoltà nei movimenti relativi agli arti inferiori (sofferenza funzionale), oltre che alterazioni a livello sensitivo, quando la patologia porti la compressione del tratto midollare e, di conseguenza, delle vie lunghe che dall’encefalo raggiungono l’estremità inferiore del corpo.
La manifestazione dei sintomi dell’ernia dorsale si presentano quindi come: dolore al costato che origina dalla schiena, formicolii a livello del tronco o agli arti inferiori, debolezza e spasticità, “rigidità” delle gambe, alterazioni genito-sfinteriche, quindi nell’urinare (ritenzione o perdita), nella defecazione e nell’attività sessuale.
Sintomi ernia del disco lombare: debolezza degli arti inferiori e lombalgia
Le sedi più colpite (con relativi sintomi) nei casi di ernia del disco lombare sono in assoluto i segmenti caudali (estremità inferiori) del tratto lombare, quindi il disco L5-S1, o L4-L5, a causa delle sollecitazioni tra colonna vertebrale e bacino, tipiche ad esempio dei movimenti in flessione del corpo.
Il corteo sintomatico include quindi intensa lombalgia e successivo dolore e/o riduzione di sensibilità e/o debolezza ad un arto inferiore, molto raramente ad entrambi.
Infatti, solo nel caso di una grossa ernia discale mediana, è possibile sviluppare la cosiddetta “sindrome della cauda equina”: la totalità delle radici nervose lombari e sacrali presenti in questo tratto di colonna vertebrale viene compresso dall’ernia discale mediana che è sempre di ragguardevoli dimensioni, e tende a schiacciare tutto il sacco durale con le radici contenute all’interno.
I sintomi caratteristici sono dolori irradiati bilateralmente, gravi deficit di forza e sensibilità agli arti inferiori, minor sensibilità relativa alla regione genitale e anale, incontinenza sia urinaria che fecale (impotenza in caso di soggetti di sesso maschile).
Trattamento dell’ernia discale: operazione e terapie conservative
A seguito di una diagnosi in grado di individuare la presenza di eventuali alterazioni della colonna vertebrale (come le patologie erniarie) grazie a strumenti quali la Tomografia Computerizzata (TC), la Risonanza Magnetica (RM) e l’Elettromiografia, lo specialista decide se intervenire sull’ernia discale tramite operazione chirurgica o se può risultare sufficiente l’assunzione di farmaci, sedute di fisioterapia, ecc.
Non sempre i metodi d’intervento nei casi di ernia discale prevedono un’operazione, bensì spesso si avvalgono di terapie alternative per un approccio di tipo conservativo (più frequentemente per le ernie lombari). Alla comparsa del dolore per ernia del disco (dorsale, cervicale o lombare), si procede quindi a prescrivere percorsi di fisioterapia, ginnastica posturale, nuoto e terapia farmacologica (analgesici, miorilassanti, cortisonici).
Nel caso di pazienti che dovessero manifestare dolore invalidante resistente alla terapia conservativa (che permane oltre le 6-8 settimane), o se dovessero manifestarsi deficit neurologici e motori, comparsa di incontinenza/ritenzione urinaria e fecale, si ricorre invece al trattamento chirurgico.
Talora, se il sintomo di esordio di un’ernia discale è un deficit neurologico grave, si impone il trattamento chirurgico d’urgenza.
Intervenire chirurgicamente in anestesia generale ha lo scopo di rimuovere la compressione, preservare la stabilità della colonna vertebrale e ripristinare la corretta motilità del segmento. In ogni caso, quindi, si procede ad asportare l’ernia, valutando anche l’eventuale micro-instabilità che si associa ad un’ernia discale, con il posizionamento di dispositivi che favoriscono una fusione ossea interspinosa (o intervertebrale nei casi più gravi di ernie recidive), risolvendo al contempo il conflitto con le strutture nervose compresse.
Il professor Antonino Raco è uno dei migliori neurochirurghi specialisti nella colonna vertebrale, pioniere della chirurgia percutanea mininvasiva del rachide. Opera con un’équipe di professionisti selezionati e viene considerato tra i massimi esperti in materia a livello internazionale.
Ernia discale cervicale e lombare: l’operazione di microdiscectomia
Quando l’ernia del disco dovesse presentarsi con una sintomatologia lieve, irritativa e senza deficit di forza, la terapia conservativa può portare risultati apprezzabili.
In questo senso è possibile prevedere, a seconda dei singoli casi clinici: assunzione di cortisonici o di FANS – farmaci antinfiammatori non steroidei (non cortisonici) –, rilassanti muscolari, utilizzo dell’apposito collare cervicale e sedute di fisioterapia.
Per forme sintomatiche, generalmente con ernia del disco espulsa, tuttavia, l’unico metodo realmente risolutivo sia in caso di ernia discale cervicale, lombare o dorsale è l’operazione chirurgica. I rischi associati a tali trattamenti sono remoti, ad eccezione dell’ernia discale dorsale, per cui in percentuale il rischio risulta più elevato a causa delle difficoltà dell’intervento, in quanto il tratto dorsale del midollo è più sensibile agli insulti (nonostante l’approccio chirurgico sia realizzato con tecniche microchirurgiche mediante approccio posterolaterale che evita ogni contatto con il midollo dorsale).
L’ernia discale prevede un’operazione specifica a seconda dei diversi casi, in particolare a seguito della valutazione di fattori importanti, come la natura delle alterazioni della colonna vertebrale, estensione, sede, presenza o meno di instabilità e deformità del rachide, l’età del soggetto, gravità del quadro clinico.
A seconda di questi, correlando i sintomi dell’ernia del disco (dorsale, cervicale e lombare) presentati e a seguito dei dovuti accertamenti radiologici, è possibile intervenire tramite:
- DISCECTOMIA – L’intervento più classico mirato alla risoluzione delle alterazioni della colonna vertebrale di natura erniaria è la discectomia.
Tale operazione, effettuata con approccio anteriore nei casi di patologia cervicale, approccio postero-laterale per le ernie dorsali e con approccio posteriore per quella lombare, mira ad asportare l’ernia discale presente, sia essa cervicale, dorsale o lombare, e a rimuovere una porzione più o meno abbondante di disco intervertebrale, se questo è degenerato e non più “competente”.
Lo scopo è quello di decomprimere radici nervose e midollo spinale e di consentire al paziente il più rapido recupero funzionale.
Nei casi in cui risulti necessario asportare una porzione abbondante di disco intervertebrale espulso, a tale operazione viene associato il successivo inserimento di una gabbia intersomatica tra le vertebre interessate e di viti intrapeduncolari. Si parla quindi di decompressione e stabilizzazione vertebrale.
- MICRODISCECTOMIA TRADIZIONALE – rappresenta l’evoluzione della tecnica classica a cielo aperto per i casi di ernia discale che richiedano un’operazione chirurgica.
Trattamento d’elezione per tali patologie, la microdiscectomia è effettuata con l’ausilio di un microscopio chirurgico, consente una minore invasività e la maggiore conservazione delle strutture coinvolte, riducendo l’impatto dovuto all’intervento. Inoltre, con questa operazione per ernia al disco, convalescenza, tempi di recupero e dolore sono notevolmente ridotti.
- MICRODISCECTOMIA ENDOSCOPICA – a differenza della tecnica tradizionale, questa variante prevede l’ausilio di un endoscopio, un tubo flessibile estremamente sottile che ospita delle fibre ottiche ed è collegato ad una microfotocamera. Tale strumento viene inserito lateralmente nel disco interessato e consente al chirurgo di asportare dalla colonna vertebrale le patologie erniarie presenti.
La tecnica endoscopica, in ogni caso, non è in grado di eguagliare i risultati della microchirurgia e non è indicata per tutti i tipi di ernia discale.
In alcuni casi, conclusa la microdiscectomia, può essere necessaria anche un’ulteriore manovra di stabilizzazione o di fusione vertebrale con l’ausilio di viti, barre e gabbie intersomatiche ricolme di osso per facilitare la fusione intervertebrale.
Il professor Antonino Raco dà prova della sua esperienza anche attraverso un’intensa attività scientifica. È possibile far riferimento a numerose pubblicazioni, anche sul trattamento della discectomia, sul portale PubMed.
Operazione dell’ernia del disco: convalescenza e tempi di recupero
I risultati dell’operazione chirurgica per l’ernia al disco espulsa sono ottimi (tempi di recupero e convalescenza sono tra gli aspetti più rilevanti).
Per quanto riguarda i sintomi di ernia del disco cervicale, dorsale e lombare, legati alla compressione delle radici nervose, subito dopo l’intervento scompaiono nell’80% dei casi, mentre per gli altri sintomi occorrerà attendere più tempo.
In generale, dopo l’operazione di ernia al disco la convalescenza è minima: il giorno successivo all’intervento di microchirurgia il paziente viene dimesso e gradualmente sarà in grado di riprendere le normali attività.
Di fondamentale importanza è la forza di volontà del soggetto, il quale dovrà attenersi alle indicazioni riabilitative del medico. La riabilitazione, la ginnastica posturale e il nuoto sono infatti importantissimi per rallentare la cascata degenerativa della colonna vertebrale di cui l’ernia discale costituisce solo uno degli elementi.
È necessario rimanere attivi, nei limiti disposti dallo specialista, e iniziare da subito a muoversi correttamente. La ripresa di attività sportive, per cui è consigliabile iniziare con il nuoto e successivamente, in maniera graduale, con eventuali altre, è indicata dopo circa 40 giorni. In questo modo, dopo l’operazione di ernia al disco i tempi di recupero saranno notevolmente ridotti e si potrà godere di un recupero pressoché completo.
2) MIELOPATIA SPONDILOARTROSICA CERVICALE
Il midollo spinale è collocato e riparato all’interno del canale vertebrale e costituisce la porzione di sistema nervoso centrale che termina con l’encefalo, contenuto nella cavità cranica. L’estremità opposta è invece composta di un fascio di radici all’altezza della zona lombare.
Una qualunque patologia o sindrome clinica che colpisca il midollo spinale prende il nome di mielopatia.
Più in dettaglio, la mielopatia spondiloartrosica può essere catalogata tra le patologie degenerative della colonna vertebrale e rappresenta un disturbo di tipo artrosico, caratterizzato quindi da alterazioni della colonna vertebrale, in particolare a carico delle limitanti somatiche dei corpi vertebrali e dei massicci articolari e secondariamente del midollo spinale che subisce una compressione cronica dovuta al progressivo restringimento del canale midollare.
Una mielopatia spondiloartrosica cervicale è adiacente ad una delle sette vertebre che compongono la colonna cervicale e può coinvolgere le funzioni relative agli arti superiori, inferiori e al torace, a seguito della compromissione del midollo spinale cervicale che ha il compito di trasmettere gli impulsi nervosi a tali strutture. A seconda del livello di insorgenza e quindi dei singoli casi clinici, la mielopatia cervicale presenta sintomi differenti.
Mielopatia cervicale: cause
Gli specialisti nella colonna vertebrale individuano come cause di mielopatia cervicale qualunque elemento possa ostacolare il corretto passaggio degli impulsi neurali, come ad esempio infezioni, tumori, malattie infiammatorie o autoimmuni. È stato inoltre riscontrato un collegamento tra la mielopatia cervicale e la sclerosi multipla, malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale.
Nel caso della mielopatia spondiloartrosica cervicale, il processo degenerativo tipico della spondilosi è il principale responsabile della patologia.
Mielopatia cervicale: sintomi
Per riconoscere la presenza di un’eventuale mielopatia cervicale, i sintomi riscontrabili dipenderanno fondamentalmente dal livello di coinvolgimento del midollo spinale. Considerando il livello di insorgenza e la causa scatenante la mielopatia cervicale, è dunque possibile descrivere il quadro clinico che sarà comunque molto simile in soggetti diversi indipendentemente dall’eziologia.
I sintomi tipici di un paziente mielopatico sono:
- Difficoltà a deambulare
- Debolezza dei muscoli degli arti inferiori – rigidità delle gambe, mancanza di equilibrio
- Mancanza di forza ad uno o entrambi gli arti superiori – intorpidimento o debolezza di mano e braccio
- Stitichezza e minzione urgente
La progressione di questi disturbi è molto variabile: si alternano periodi di rapido peggioramento con altri di stabilità o di progressione minima.
Mielopatia cervicale: trattamento
Quando le condizioni del paziente fanno sospettare una mielopatia spondiloartrosica cervicale con sintomi evidenti e peculiari, lo specialista provvede a effettuare analisi più mirate, come la Risonanza Magnetica (RM) e la Tomografia Computerizzata (TC).
Le tecniche sempre più innovative di imaging in campo diagnostico permettono di circoscrivere precisamente l’area di sofferenza e individuare la compressione midollare. Tali aspetti, unitamente a una compromissione neurologica significativa, sono generalmente sufficienti per diagnosticare una mielopatia cervicale da compressione spondiloartrosica.
Qualora si voglia procedere ad una valutazione delle cosiddette vie lunghe, che altro non sono che il fascio cortico-spinale, vale a dire la via motoria, è opportuno che il paziente si sottoponga ad uno studio dei PEM (con questo acronimo si intendono i potenziali evocati motori) che valutano la velocita di trasmissione dell’impulso nervoso dal cervello al midollo. Se questi risultano rallentati, si dimostra un danno delle vie motorie e quindi una mielopatia.
Una volta individuata con certezza la presenza di una mielopatia cervicale dovuta a spondilodiscoartrosi cervicale, e considerando la gravità del quadro clinico, lo specialista è in grado di pianificare la terapia più indicata.
- Per il trattamento di una mielopatia spondiloartrosica cervicale, dimostrata con un danno midollare alla RM (che si evidenzia come una iperintensità midollare nella sede della compressione alle sequenze pesate in T2), è sempre indicato un APPROCCIO CHIRURGICO DECOMPRESSIVO con approccio anteriore o posteriore.
- Se invece alla RM non si dimostra un quadro di mielopatia e i PEM risultano negativi, si può ricorrere a un TRATTAMENTO CONSERVATIVO con farmaci e riabilitazione, monitorando continuamente il paziente perché non sviluppi la mielopatia durante il trattamento conservativo.
Il trattamento di elezione per i casi più importanti è quindi la chirurgia che può essere praticata con approccio anteriore, rimuovendo il disco e gli osteofiti che comprimono il midollo, ad uno o più livelli.
Talora, però, la compressione anteriore è così estesa e si associa all’ossificazione del legamento longitudinale posteriore che risulta più opportuno un approccio decompressivo posteriore, adottato allo scopo di ridurre con un intervento indiretto la compressione sul midollo spinale
Tale operazione consiste nell’allargamento del canale vertebrale che protegge il midollo, tramite una manovra chiamata laminectomia decompressiva, ossia l’asportazione di alcune lamine vertebrali. Infine, per evitare che in futuro possano verificarsi episodi di instabilità, il chirurgo può decidere di eseguire una stabilizzazione con barre e viti delle vertebre interessate dall’intervento (decompressione e stabilizzazione vertebrale). Sulla base della gravità della mielopatia cervicale, dipenderà anche la possibilità di un eventuale recupero e la durata della riabilitazione post-operatoria.
3) STENOSI DEL CANALE VERTEBRALE: cervicale, lombare
La stenosi del canale vertebrale si presenta come un restringimento del diametro antero-posteriore di una o più aree del canale spinale che di conseguenza comprime, in maniera acuta o cronica, il sacco durale e le radici nervose che da quest’ultimo originano.
A seconda del tratto di colonna vertebrale interessato da tali patologie, si distingue tra:
- Stenosi del canale vertebrale cervicale – si tratta di una delle più comuni alterazioni della colonna vertebrale, può essere associata ad una mielopatia ed è abbastanza frequente nel naturale processo di degenerazione discoartrosica. La forma degenerativa pura di stenosi cervicale è tipica di soggetti di sesso maschile over 60;
- Stenosi del canale vertebrale lombare – in questo caso, il restringimento del canale vertebrale interessa la zona del rachide lombosacrale. Come per la forma cervicale, si tratta di un fenomeno a carico della colonna vertebrale ascrivibile tra le patologie degenerative tipiche dell’avanzare dell’età e colpisce principalmente gli uomini.
In entrambi i casi, la chirurgia della stenosi spinale (tramite decompressione e stabilizzazione vertebrale, qualora necessario) rappresenta il trattamento di elezione per risolvere la degenerazione della colonna vertebrale.
Cause della stenosi del canale vertebrale cervicale e lombare
La causa principale della compressione sul sacco durale e sulle radici nervose è certamente da ricercare nell’attivazione della cascata degenerativa a partenza dal disco intersomatico che coinvolge poi i corpi vertebrali, i massicci articolari e la colonna in toto. In questo senso, si individuano patologie come le degenerazioni che interessano il disco intervertebrale: l’ernia, la spondilodiscoartrosi, la listesi, la scoliosi degenerativa, con tutto il corteo sintomatologico che comportano.
I principali fattori che possono dar luogo a fenomeni di stenosi spinale cerebrale sono:
- Artrite reumatoide
- Spondilosi cervicale
- Ernia del disco cervicale
- Malformazioni di natura congenita della colonna vertebrale cervicale
In particolare per la stenosi spinale lombare, prevalentemente acquisita (forma secondaria) raramente congenita (forma primaria), le cause sono diverse, tra cui:
- Degenerazione disco artrosica per attività che implicano sforzi eccessivi a carico della del rachide lombo-sacrale o condizioni di obesità con conseguente ipertrofia delle faccette articolari
- Scoliosi a carico del rachide lombare
- Spondilolistesi (spostamento e disallineamento di una vertebra rispetto a quella sottostante)
- Peduncoli delle vertebre corti (forma primaria)
Sintomi della stenosi del canale vertebrale cervicale e lombare
Se la stenosi della colonna vertebrale è di entità modesta può non causare sintomi rilevanti, almeno in fase iniziale. Quando invece è presente un’effettiva compressione del midollo spinale e delle radici nervose, la sintomatologia diventa subito evidente. Tale compressione può interessare, tra l’altro, anche le arterie, contribuendo alla comparsa dei sintomi e talora ad improvvisi peggioramenti del quadro clinico.
A seconda del tratto di colonna vertebrale interessato da queste patologie, cervicale o lombare, il quadro clinico si manifesterà in maniera differente:
- STENOSI CERVICALE – tipicamente il soggetto è colpito da male al collo (cervicalgia) o da una combinazione di dolori che progressivamente interessano collo, spalla, braccio, fino alle dita della mano (cervicobrachialgia), deficit neurologici di sensibilità agli arti superiori – sensazione di scarica elettrica (disestesia), riduzione di sensibilità (ipoestesia), formicolii (parestesie) – e di forza – dalla debolezza (ipostenia) alla grave perdita del tono muscolare (paresi) che interessa prevalentemente gli arti inferiori, mentre gli arti superiori sono parzialmente risparmiati se la stenosi è bassa a livello di C6-C7. Differentemente, sono anche loro interessati se la stenosi è multisegmentaria e interessa la parte alta del rachide dal livello C3;
- STENOSI LOMBARE – il paziente avverte spesso mal di schiena forte e dolore alla parte anteriore delle cosce (cruralgia) e alle gambe; diminuzione di sensibilità e di forza muscolare; alterazioni di sensibilità, tipicamente agli arti; sciatalgie spesso bilaterali, differentemente dalle ernie discali.
Il sintomo che rimane comunque più significativo è la marcata riduzione dell’autonomia di marcia del paziente. Tecnicamente viene definita “claudicatio neurogena”, per distinguerla da quella vascolare dovuta ad un ridotto apporto di sangue agli arti inferiori. Praticamente, il paziente è costretto a fermarsi ogni 100 o 200 metri a causa del dolore o della fatica, riposarsi per qualche minuto prima di riprendere a deambulare.
Trattamento conservativo e chirurgia della stenosi spinale
Come la maggior parte delle alterazioni della colonna vertebrale, anche la stenosi spinale è inizialmente trattata con terapie di tipo conservativo, tipicamente con la fisioterapia, tramite farmaci antinfiammatori ed educando il soggetto circa la corretta postura da tenere.
Questi tentativi danno benefici in fase iniziale, tuttavia se la stenosi è reale e accertata con RM o se il canale vertebrale è molto stenotico già inizialmente, si ricorre a trattamenti di chirurgia vertebrale mininvasiva della stenosi spinale che consistono nella decompressione e talora successiva stabilizzazione della colonna.
L’operazione chirurgica con approccio mininvasivo per rimediare alla stenosi del canale vertebrale, a seconda che sia localizzata a livello cervicale o lombare, viene effettuata rispettivamente con approccio anteriore o più frequentemente posteriore, in alcuni casi combinato (stenosi cervicale) e con approccio posteriore generalmente mediano lombare (stenosi lombare).
- Le procedure di decompressione (e stabilizzazione) del rachide vertebrale cervicale sono differenti, tuttavia spesso la metodica utilizzata è simile a quella per gli interventi che vengono praticati per disco-artrosi cervicale.
- Nel rachide lombare, si ricorre solitamente ad una laminectomia decompressiva per asportare le lamine vertebrali interessate nell’area da trattare, allargando in tal modo il canale.
- Interventi più sofisticati, quali quelli praticati dal prof. Raco con tecniche mini-invasive, consistono in laminotomie selettive con conservazione dei processi spinosi del legamento interspinoso e sovra spinoso,in altri casi foraminotomie selettive per il dolore o il deficit riferito ed evidenziato all’esame neurologico
Stenosi segmentaria con instabilità dimostrata: immagini post operatorie intervento di
fusione intersomatica lombare con approccio transforaminale (TLIF “over the top”)
Spesso è necessario intervenire anche con una fresatura parziale delle faccette articolari che causano la stenosi e, in tal caso, procedere ad una fissazione con barre e viti per stabilizzare il rachide e rafforzarlo, evitando future instabilità e ripristinando una valida biomeccanica, tale che il rachide risulti nuovamente in grado di sopportare il peso corporeo dell’individuo.
La chirurgia vertebrale mininvasiva della stenosi spinale sfrutta tecnologie all’avanguardia e permette di ridurre le tempistiche di recupero del paziente, il quale dovrà seguire attentamente le indicazioni degli specialisti della colonna vertebrale in merito alla riabilitazione e agli eventuali esercizi da effettuare per riprendere a svolgere le proprie attività quotidiane.
L’attività scientifica del professor Antonino Raco si affianca alla sua lunga esperienza nella chirurgia vertebrale mininvasiva. Molti dei suoi lavori hanno contribuito alla letteratura in materia, per cui è possibile far riferimento ad una serie di pubblicazioni internazionalmente riconosciute, disponibili su PubMed.
4) SPONDILOLISTESI: degenerativa, malformativa-displasica, da lisi istmica
Nella categoria delle alterazioni della colonna vertebrale, la spondilolistesi si configura come una condizione patologica per cui si verifica un lento ma progressivo spostamento in avanti di una vertebra rispetto a quella sottostante. Generalmente, gli elementi della colonna vertebrale più colpiti dalle patologie di questo tipo sono le vertebre lombari inferiori.
Lo scivolamento della vertebra può avvenire in tre modi, la patologia assume quindi denominazioni differenti: ANTEROLISTESI (scivolamento anteriore), RETROLISTESI (scivolamento posteriore) e LATEROLISTESI (scivolamento laterale).
Talora la listesi anteriore si manifesta come conseguenza di un’altra patologia che prende il nome di spondilolisi, ossia la rottura dell’istmo delle vertebre. È possibile identificare spondilolistesi di tipo diverso:
- Spondilolistesi degenerativa – caratteristica di soggetti adulti che presentano patologie di natura degenerativa relative alla colonna vertebrale lombare.
- Spondilolistesi malformativa-displasica – tipicamente associata ad alterazioni di natura congenita osteocartilaginee con schisi dell’arco posteriore.
- Spondilolistesi da lisi istmica – per lo più congenita, si manifesta in età giovanile o adulta ed è una mancata saldatura o un allungamento sproporzionato dell’istmo.
Cause e prevenzione della spondilolistesi
Comuni a molte delle alterazioni della colonna vertebrale, le cause della spondilolistesi si classificano generalmente come segue:
- Cause di natura congenita
- Degenerazioni dovute al naturale invecchiamento del corpo
- Artrite reumatoide
- Traumi, fratture vertebrali
- Iatrogene in seguito ad interventi chirurgici demolitivi
La spondilolistesi può in ogni caso interessare sia soggetti adulti che giovani e sia il quadro clinico che il conseguente trattamento possono essere molto vari.
Per quanto riguarda l’aspetto preventivo, è importante quindi prestare attenzione alle diverse condizioni che potrebbero interessare la colonna vertebrale e le patologie conseguenti: evitare un sovraccarico del rachide per limitare e ritardare per quanto possibile la cascata degenerativa.
Sintomi della spondilolistesi
Talvolta la spondilolistesi può essere del tutto asintomatica (latente) e, in questi casi, può capitare di scoprirla accidentalmente durante una radiografia. In generale, comunque, la presenza di sintomatologia è direttamente proporzionale all’entità dello scivolamento delle vertebre presente, per cui può presentarsi con sintomi modesti (quale una dolenzia lombare persistente) o, per contro, addirittura invalidanti. Allo stesso tempo, è possibile che la sintomatologia si verifichi in forma episodica o continua, con dolori di intensità variabile.
I principali sintomi che portano ad un’ipotesi di spondilolistesi sono:
- Tipico dolore da lombalgia – fattori aggravanti possono essere sforzi fisici o lo stare in piedi per un periodo di tempo lungo; per contro, la situazione migliora stando a riposo
- Tipico dolore da sciatica – si verifica generalmente nei casi più gravi, per lo più bilaterale nella regione posteriore delle cosce
- Contrattura muscolare
- Disturbi di sensibilità che possono associarsi a veri e propri deficit motori, in base all’entità dello scivolamento vertebrale
Il dolore è solitamente riferito in zona lombare e relativamente agli arti inferiori, dai glutei fino alla regione posteriore delle cosce. Tipicamente il paziente riferisce che al mattino è costretto ad appoggiarsi al lavabo per poter scaricare il peso dalla colonna.
Trattamento della spondilolistesi: stabilizzazione vertebrale e terapie conservative
A seconda del quadro clinico, neurochirurghi e specialisti della colonna vertebrale decideranno se e come intervenire sulla patologia.
Infatti, quando il disturbo è latente e non si verificano particolari fastidi, non si interviene in alcun modo. Al contrario, se la sintomatologia influisce sulla qualità della vita del paziente i neurochirurghi specialisti della colonna vertebrale valuteranno la possibilità di intervenire chirurgicamente con approcci mininvasivi.
Spondilolistesi lieve – Terapia conservativa
Nei casi di spondilolistesi più lieve, è prescritto un periodo di riposo a letto, contestualmente all’assunzione di farmaci analgesici e antinfiammatori (FANS). Spesso è necessario praticare della ginnastica posturale e talvolta è d’aiuto indossare un apposito busto (corsetto lombare).
Scopo della terapia incruenta è il rinforzo della muscolatura dorsale per una maggiore stabilità e l’educazione del paziente ad una postura corretta.
Spondilolistesi acuta – Stabilizzazione vertebrale
Quando la patologia risulta più grave e il dolore acuto, quando le terapie conservative non danno risultati oppure per patologie a carattere evolutivo, l’unica soluzione è il trattamento di tipo chirurgico, solitamente eseguito con approccio posteriore e chiaramente in anestesia generale.
Anche in questi casi i chirurghi possono valutare la possibilità di intervenire con una tecnica mininvasiva, tecnica abituale nelle mani del prof. Raco che ha riportato la sua esperienza nel trattamento e rineallineamento anche delle spondilolistesi di alto grado con tecnica a quattro mani mini-invasiva, con utilizzo di una doppia gabbia per via transforaminale.
L’intervento di elezione per la spondilolistesi che mira alla stabilizzazione vertebrale prende il nome di artrodesi intersomatica (generalmente lombare): nella pratica, i neurochirurghi specialisti della colonna vertebrale procedono alla stabilizzazione con viti intrapeduncolari e gabbie intersomatiche per evitare la progressione e talora, ove possibile, ottenere il riallineamento delle vertebre scivolate, ponendo fine alla sintomatologia dolorosa e migliorando il deficit neurologico.
I pazienti affetti da spondilolistesi dopo la stabilizzazione vertebrale chirurgica devono sottoporsi all’importante fase riabilitativa, durante la quale dovranno impegnarsi per seguire attentamente le indicazioni degli esperti, in modo tale da ottenere un rapido e completo recupero funzionale.
5) SCOLIOSI DEGENERATIVA DELL’ADULTO
Nelle Linee guida SOSORT 2011: trattamento ortopedico e riabilitativo per la scoliosi idiopatica durante la crescita la scoliosi viene definita come “deformità torsionale tridimensionale del rachide e del tronco”, che sul piano anatomico si traduce in alterazioni strutturali della colonna vertebrale. Infatti, i soggetti con scoliosi presentano una curvatura laterale del rachide sul piano frontale, mentre sul piano orizzontale c’è una rotazione assiale e sul piano sagittale un’anomalia delle curvature fisiologiche, cioè cifosi e lordosi.
La scoliosi peggiora durante gli anni dello sviluppo staturale e assume la sua configurazione finale quando termina l’azione delle cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali. Va distinta dagli atteggiamenti scoliotici. La scoliosi organica è classificata come un dismorfismo del rachide. Al contrario, gli atteggiamenti scoliotici sono paramorfismi che si manifestano solo quando la schiena è sotto carico. Per questo a tal riguardo si parla di “scoliosi funzionale”.
Le forme di scoliosi organica vengono distinte tra idiopatiche, congenite oppure neurogene e determinano conseguenze a livello strutturale e funzionale anche gravi.
Per la diagnosi e il trattamento della scoliosi grave è necessario rivolgersi ai migliori neurochirurghi specialisti della colonna vertebrale. Tra le terapie più all’avanguardia, ci sono i trattamenti della chirurgia vertebrale mininvasiva, attuati in particolare per correggere la scoliosi nell’adulto.
Scoliosi degenerativa dell’adulto: sintomi e dolore
La scoliosi degenerativa dell’adulto si manifesta con i suoi primi sintomi in età adulta. È detta anche “de novo” a causa dell’insorgenza tardiva. Viene definita come una deformità spinale complessa che discende dall’osteoporosi e da una patologia degenerativa discale asimmetrica, cui si associa una sublussazione rotatoria di unità funzionali del rachide.
Infatti, la scoliosi degenerativa con esordio dei sintomi durante l’età adulta è caratterizzata dalla degenerazione dei dischi intervertebrali e delle articolazioni tra una vertebra e l’altra. Interessa la parte lombare della colonna e determina progressivamente una riduzione della lordosi, causando la flessione del busto in avanti con dolore e debolezza degli arti inferiori, debolezza dei muscoli lombari e di quelli dei glutei. In questi casi, la scoliosi determina sintomi importanti come il dolore e i deficit di forza che rendono difficoltosa la deambulazione.
La diagnosi di scoliosi degenerativa dell’adulto avviene mediante lo studio e l’analisi delle radiografie della colonna e delle lastre della risonanza magnetica. Gli esami vengono eseguiti con il soggetto in posizione eretta e permettono di misurare il grado di cifosi o di scoliosi della colonna lombo sacrale e della giunzione toraco-lombare, eventuali compressioni delle radici nervose e il livello di degenerazione dei dischi intervertebrali.
È sempre opportuno che il paziente sia sottoposto ad una lastra della colonna in toto, con visualizzazione delle teste dei femori, per meglio studiare i parametri spino-pelvici prima dell’intervento in modo da stabilire un corretto planning chirurgico.
Chirurgia vertebrale mininvasiva per correggere la scoliosi degenerativa dell’adulto
La chirurgia vertebrale mininvasiva della scoliosi degenerativa dell’adulto permette di ridurre notevolmente il trauma dell’operazione per il paziente. Infatti, l’intervento classico prevedeva che venisse praticata un’ampia incisione cui seguiva lo scollamento subperiosteo dei muscoli paravertebrali e dei tendini, mettendo a nudo il canale vertebrale. La fase successiva consisteva nella correzione della deformità e nel fissaggio della colonna attraverso l’uso di viti peduncolari, uncini e barre.
Con la chirurgia vertebrale mininvasiva della scoliosi possono essere praticate solo poche incisioni, talora sull’addome per via retroperitoneale, attraverso le quali i migliori neurochirurghi specialisti della colonna vertebrale possono raggiungere i tratti del rachide su cui intervenire. L’alto tasso di complicazioni che caratterizzava l’intervento classico con i nuovi trattamenti mininvasivi per correggere la scoliosi dell’adulto è drasticamente abbattuto. L’operazione è dunque più sicura, molto meno dolorosa e permette al paziente di alzarsi già il giorno successivo all’intervento.
Il professor Antonino Raco e la sua équipe operano la scoliosi con un approccio mininvasivo che garantisce la massima sicurezza per il paziente e un rapido ritorno alle normali attività della vita quotidiana. Gli approcci praticati per il trattamento mininvasivo della scoliosi sono: anteriore laterale e obliquo trans-addominale retroperitoneale con l’inserzione di gabbie lordotiche in un primo step chirurgico e quindi un secondo step in cui con accesso posteriore percutaneo vengono posizionate viti e barre e derotata la colonna.
Scoliosi: immagini pre e post operatorio trattamento con tecnica mini-invasiva
– 1° approccio anteriore, 2° approccio posteriore con fissazione percutanea (paziente: donna, 52 anni)
Scoliosi: pre e post operatorio trattamento con tecnica mini-invasiva a seguito di precedente chirurgia
– approccio posteriore per decompressione, approccio laterale per fusione intervertebrale (XLIF),
approccio posteriore con fissazione percutanea (paziente: donna, 72 anni)
Scoliosi: pre e post operatorio trattamento con tecnica mini-invasiva
– 1° approccio laterale, fusione con posizionamento di gabbie, 2° approccio posteriore percutaneo di fissazione, decompressione e PLIF con inserimento di viti per derotazione del rachide (paziente: donna, 75 anni)
Specialisti della colonna vertebrale e chirurgia mininvasiva: Prof. Antonino Raco
Se dovessero presentarsi alterazioni della colonna vertebrale o patologie di diversa natura in forma grave, l’intervento chirurgico è l’unico trattamento realmente risolutivo.
A Roma, tra i migliori neurochirurghi specialisti della colonna vertebrale, il Prof. Raco dirige l’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea e si occupa da molti anni di operare con successo pazienti con patologie degenerative della colonna vertebrale dalla sintomatologia dolorosa o con deficit di forza.
Il Prof. Antonino Raco è Professore Ordinario della Cattedra di Neurochirurgia, Direttore del Master in Tecniche chirurgiche e tecnologie innovative in neurochirurgia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia della Sapienza-Università di Roma.
Tra i pionieri nel trattamento mininvasivo di chirurgia spinale, ha eseguito oltre 3.000 interventi di alta neurochirurgia, sfruttando tecnologie chirurgiche all’avanguardia che permettono di operare riducendo al minimo i disagi dei pazienti, le incisioni cutanee e i traumi a carico dei muscoli. I numerosissimi contributi alla letteratura scientifica in materia sono in gran parte disponibili su PubMed.
Il Prof. Raco visita e opera alla prestigiosa Clinica Villa Margherita di Roma. A Tricase, in provincia di Lecce, Raco dà consulenze all’Ospedale G. Panico. Nel territorio leccese, è disponibile per visite neurochirurgiche anche al Poliambulatorio di Specchia. A Latina svolge attività ambulatoriale presso il Medtech Center.