Chirurgia del sistema nervoso periferico
7 Dicembre 2018 by Team Raco
La chirurgia del sistema nervoso periferico è un ambito complesso che prevede l’interazione di medici specialisti di diversi settori, come neurochirurghi di eccellenza, chirurghi ortopedici, chirurghi plastici e chirurghi della mano.
La chirurgia del sistema nervoso periferico è per lo più realizzata con tecniche di microchirurgia, si lavora cioè con occhiali con ingrandimento 2,5 x o 3,5x o con l’ausilio di microscopi operatori con ingrandimento 12x. Consiste nella neurolisi cioè nello sbrigliamento o nella ricostruzione di nervi che sono stati danneggiati a causa di una patologia o di un trauma.
A differenza delle cellule del sistema nervoso centrale, le fibre dei nervi periferici (essendo circondati da una guaina mielinica) possono essere in grado di ricrescere, quindi possono essere riparate. Sovente l’intervento chirurgico per la riparazione consiste nel riaccostare i fasci di fibre interrotte e di suturarli (anastomosi termino-terminale). Quando non è possibile effettuare la sutura per l’eccessiva distanza tra i monconi del fascio interrotto, la procedura viene realizzata attraverso l’innesto di un altro nervo del paziente che abbia una funzione sensitiva. Viene quindi prelevato da aree in cui la rimozione non dà conseguenze significative.
Le condizioni patologiche in cui interviene la chirurgia del sistema nervoso periferico, con l’impegno di neurochirurghi di eccellenza, chirurghi ortopedici, plastici e della mano, sono le sindromi da intrappolamento dei nervi periferici, i tumori dei nervi spinali, le lesioni del plesso brachiale dovute a traumi.
Il professor Antonino Raco è tra i neurochirurghi di eccellenza che operano anche nel campo della chirurgia del sistema nervoso periferico. La grande esperienza di Raco e della sua équipe di esperti, la sua attività di ricerca in ambito accademico e le molte pubblicazioni in materia lo rendono noto anche a livello internazionale.
Il professor Raco visita e opera a ROMA in diverse presso la Clinica Villa Margherita. Opera come consulente a TRICASE (LE) presso l’Ospedale G. Panico. Nel comune di SPECCHIA (LE), fa visite neurochirurgiche al Poliambulatorio. A LATINA visita presso il Medtech Center.
Il sistema nervoso periferico
Il sistema nervoso periferico è costituito da diverse strutture anatomiche esterne al sistema nervoso centrale, cioè al midollo spinale e all’encefalo. Formano la complessa architettura del sistema nervoso periferico i nervi encefalospinali, suddivisi in nervi spinali e nervi cranici o cefalici, e i gangli nervosi.
I gangli nervosi sono distribuiti lungo il decorso dei nervi e si presentano come degli ammassi tondeggianti al di fuori del sistema nervoso centrale. Il loro rigonfiamento è dovuto ai pirenofori, cioè le parti dei neuroni dove è collocato il nucleo.
Il sistema nervoso periferico si distingue in sistema volontario, o somatico, e involontario, detto anche vegetativo, viscerale o autonomo. A seconda della funzione che esercitano e della loro collocazione, i gangli nervosi vengono suddivisi in gangli del sistema neurovegetativo e gangli sensitivi, o encefalospinali.
I gangli del sistema neurovegetativo sono in grado di trasmettere impulsi nervosi ad altri neuroni, detti “postgangliari”. Si possono considerare come dei “ripetitori” dell’impulso nervoso e sono coinvolti nella contrazione della muscolatura liscia (muscoli involontari), nella contrattilità del cuore e nel determinare le secrezioni di alcune ghiandole. Intervengono, quindi, in attività che sono involontarie, e per questo si parla si sistema nervoso periferico involontario.
Al contrario, nei gangli sensitivi avviene solo il transito degli impulsi nervosi. Questi gangli fanno parte del sistema nervoso simpatico che insieme al parasimpatico costituisce il sistema nervoso autonomo. I gangli sensitivi non sono in grado di generare impulsi nervosi e sono collocati lungo le radici dorsali dei nervi spinali che fuoriescono dal midollo spinale e lungo il primo tratto di alcuni dei nervi cranici, in particolare il V, il VII, il IX e il X.
Il sistema nervoso periferico volontario o somatico
Il sistema nervoso periferico volontario o somatico è la parte del sistema nervoso periferico che controlla i muscoli scheletrici, cioè i muscoli volontari che lavorano nei gesti motori. Nella sostanza grigia del midollo spinale sono allocati i corpi cellulari dei motoneuroni, mentre i loro assoni raggiungono direttamente i muscoli scheletrici cui sono collegati tramite speciali sinapsi che sono dette “placche motrici”.
Il sistema nervoso periferico involontario (vegetativo, autonomo, viscerale)
Il sistema nervoso periferico involontario, detto anche vegetativo, o autonomo, o viscerale, abbreviato con l’acronimo SNA, innerva la muscolatura liscia di organi e vasi sanguigni, quella cardiaca e le ghiandole. Interessa quindi quella parte dell’organismo che funziona ed è regolata senza l’intervento della volontà, del tutto inconsciamente. Funzioni del corpo così controllate sono per esempio il ritmo cardiaco, la circolazione sanguigna, la respirazione, la peristalsi. Il sistema nervoso autonomo è costituito sia da fibre nervose efferenti, cioè motrici, sia da fibre nervose afferenti, cioè sensoriali.
Sindromi da intrappolamento dei nervi periferici
“Neuropatia” è il termine che designa le alterazioni patologiche e i disturbi funzionali del sistema nervoso periferico. Si parla di “mononeuropatia” o di “polineuropatia” per distinguere il quadro patologico che coinvolge un solo nervo da quello in cui sono interessati più fasci nervosi. All’interno della grande classificazione delle neuropatie sono da evidenziare le sindromi da intrappolamento dei nervi periferici, che possono essere risolte dall’intervento di neurochirurghi di eccellenza per decomprimere il nervo o i nervi compromessi.
Generalmente le sindromi da intrappolamento dei nervi periferici interessano i nervi che attraversano cavità anatomiche in cui lo spazio fisiologicamente è limitato e possono essere di conseguenza facilmente soggette a restringimento con compressione dei fasci nervosi. Lo schiacciamento del nervo o dei nervi determina degenerazione assonale e demielinizzazione.
Il primo fenomeno consiste in una modificazione della struttura cellulare, dovuta a sofferenza dei tessuti, che riguarda gli assoni, cioè i conduttori dell’impulso nervoso in direzione centrifuga rispetto al corpo del neurone.
La demielinizzazione interessa le guaine mieliniche, cioè il rivestimento di mielina che protegge gli assoni e fa da isolante per garantire il passaggio dell’impulso nervoso. A causa di questa condizione patologica le guaine mieliniche tendono a scomparire e si ha la proliferazione delle cellule della neuroglia, che costituiscono il tessuto di sostegno dei neuroni.
Nella maggior parte dei casi delle sindromi da intrappolamento dei nervi periferici è necessario l’intervento chirurgico che viene praticato da neurochirurghi di eccellenza come il Prof. Antonino Raco.
Le sindromi da intrappolamento si distinguono in: sindrome del tunnel carpale, sindrome del tunnel cubitale e sindrome del canale di Guyon, sindrome del tunnel radiale e sindrome dello stretto toracico.
Sindrome del tunnel carpale
La sindrome del tunnel carpale si verifica quando viene compresso il nervo mediano nella regione palmare del polso. In questa sede il nervo mediano attraversa il canale carpale, o tunnel carpale, una struttura anatomica osteo-fibrosa. Si tratta di un quadro patologico comune, che interessa circa il 5% della popolazione, con maggiore incidenza tra le persone nella fascia d’età che va dai 45 ai 60 anni.
Il paziente affetto da sindrome del tunnel carpale soffrirà di formicolio, dolore alle prime tre dita della mano e talvolta parzialmente anche all’anulare, mentre il nervo dà dolore intenso nel momento in cui viene percosso nella sede carpale. La diagnosi avviene tramite visita medica, esami elettrodiagnostici ed elettromiografia.
Sindrome del tunnel cubitale
La sindrome del tunnel cubitale è molto frequente, per diffusione al secondo posto rispetto alla sindrome del tunnel carpale. La compressione coinvolge il nervo ulnare, che origina dal plesso brachiale e riceve fibre nervose dalle vertebre C8 e T1, e in parte da C7. Il nervo ulnare corre lungo l’ulna, una delle ossa dell’avambraccio, e può essere schiacciato al livello del gomito oppure a livello del polso.
Nel caso della sindrome del tunnel cubitale la compressione si verifica a livello del gomito. I sintomi comprendono intorpidimento e sensazione di formicolio all’anulare e al mignolo, debolezza e dolore al gomito.
Prima di intervenire con la neurochirurgia, è possibile attuare una terapia non invasiva che comprende l’uso di tutori, sedute di laserterapia, di fisochinesiterapia ed elettroanalgesia con TENS, cioè “Stimolazione Elettrica Nervosa Transcutanea”.
La fisiochinesiterapia è una metodica di fisioterapia che si basa sulla ginnastica per riabilitare delle capacità motorie.
Sindrome del canale di Guyon
Come nella sindrome del tunnel cubitale, anche in quella del canale di Guyon viene sottoposto a compressione il nervo ulnare, che di conseguenza subisce un danno progressivo. In questo caso il nervo ulnare subisce uno schiacciamento a livello del polso, e non a livello del gomito.
I sintomi comprendono fenomeni come parestesie al IV e V dito della mano, cioè disturbi della sensibilità, che si manifestano soprattutto nelle ore notturne. Talora può essere colpita la componente motoria del nervo ulnare con danno e ipotrofia dell’eminenza ipotenar e dei muscoli interossei.
Il canale di Guyon è una struttura anatomica compresa tra l’osso pisiforme, così detto perché ha forma somigliante a quella di un pisello, e l’apofisi dell’uncinato. L’osso pisiforme fa parte del carpo, l’osso che congiunge il radio e il metacarpo nella mano. L’uncinato è un altro osso breve del carpo, con un’apofisi caratterizzata da una conformazione a uncino.
Anche nel caso della sindrome del canale di Guyon, prima dell’operazione neurochirurgica è possibile tentare di migliorare la sintomatologia con una terapia conservativa. Vengono utilizzati tutori, possono essere previste sedute di laserterapia, di fisiochinesiterapia. Un’ulteriore possibilità è data dall’elettroanalgesia con TENS.
Sindrome del tunnel radiale
La sindrome del tunnel radiale è rara e può essere scambiata per una epicondilite, detta popolarmente “gomito del tennista”, cioè un’infiammazione dell’epicondilo, una piccola parte dell’articolazione del gomito, tuberosa, posta al di sopra del condilo dell’omero. Le zone interessate dal dolore nella sindrome del tunnel radiale e nell’epicondilite sono distinte, ma vicine, e questo può creare un dubbio nella diagnosi.
Diversamente dall’epicondilite, la sindrome del tunnel radiale è causata dalla compressione del nervo radiale, che innerva la parte posteriore del braccio, nello specifico il tricipite e l’avambraccio. Il paziente che soffre di questa condizione patologica accusa deficit motori del pollice, dell’estensore delle dita e dell’estensore ulnare del carpo.
Per risolvere il quadro patologico è necessario l’intervento chirurgico, che può essere effettuato da neurochirurghi di eccellenza in centri specializzati.
Sindrome dello stretto toracico
La sindrome dello stretto toracico colpisce una percentuale tra lo 0,2 e il 2% della popolazione. Le strutture su cui può essere esercitata compressione sono il plesso brachiale, la vena e l’arteria succlavia. La cavità anatomica che determina lo schiacciamento e il conseguente quadro patologico è lo stretto toracico, delimitato dalla prima costa, dalla clavicola e dai muscoli scaleni, succlavio e piccolo pettorale.
La sindrome dello stretto toracico comporta un quadro sintomatologico in cui possono essere individuati sintomi dovuti alla compressione nervosa e sintomi che invece dipendono dalla compressione dei vasi sanguigni. I primi consistono in debolezza dei muscoli della mano, parestesie come formicolii sulla parte mediale del braccio, dell’avambraccio e della mano. I secondi comprendono dolore, freddezza e cianosi (pallore) del braccio e della mano.
Il trattamento conservativo della sindrome dello stretto toracico consiste essenzialmente in sedute di fisiochinesiterapia. Se in questo modo non si ottengono risultati soddisfacenti si procede con l’intervento chirurgico che consiste nella scalenectomia, cioè la resezione dei muscoli scaleni, e nella resezione della costa cervicale o della prima costa.
Sindromi da intrappolamento dei nervi periferici: trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico delle sindromi da intrappolamento dei nervi periferici consiste nell’apertura del “tunnel”, della cavità anatomica, in cui i nervi sono schiacciati. L’intervento viene eseguito sempre in anestesia locale.
Patologia traumatica: lesioni del plesso brachiale
Le lesioni traumatiche del plesso brachiale sono frequenti e rappresentano il danno più grave che può interessare i nervi periferici. Infatti, le conseguenze di una lesione traumatica del plesso brachiale sono devastanti sul piano fisico e sul piano psicologico.
Le prime descrizioni di questa condizione patologica importante si trovano nell’Iliade e nelle Storie del Peloponneso di Tucidide. Del 1827 è il resoconto di una autopsia su un paziente con lussazione della spalla ed ematoma spinale. Al 1900 risale il primo tentativo di riparazione di un danno al plesso brachiale con neurorrafia, cioè la sutura di un nervo reciso.
I risultati dei primi interventi chirurgici per far fronte a lesioni del plesso brachiale furono deludenti e segnati da un alto tasso di mortalità. Solo negli anni Sessanta iniziarono i primi passi avanti grazie all’introduzione dei mezzi ottici di ingrandimento. In questo periodo nacque la microchirurgia moderna che affronta e tratta queste lesioni con relativo successo.
Lesioni del plesso brachiale: epidemiologia ed etiologia
Si distinguono lesioni del plesso brachiale aperte e lesioni del plesso brachiale chiuse. Le prime sono dovute a ferite di arma da fuoco o da taglio, oppure possono essere iatrogene, cioè conseguenza di interventi chirurgici. Le seconde sono le più frequenti e generalmente sono conseguenti a incidenti stradali. Le lesioni del plesso brachiale dovute a incidente stradale rappresentano in percentuale dal 72 e al 94% dei casi.
Perlopiù il plesso brachiale viene danneggiato in incidenti motociclistici ad alta velocità. Meno frequentemente le lesioni si riscontrano dopo incidenti automobilistici. Nelle due eventualità la lesione si verifica secondo meccanismi diversi. Tipica del paziente che ha avuto un incidente in moto è l’avulsione radicolare, cioè lo strappo delle radici nervose midollari da cui scaturisce l’innervazione dell’arto superiore. Al contrario nell’eventualità di scontro in automobile la lesione può prodursi per schiacciamento.
Si distinguono tre meccanismi che causano la lesione del plesso brachiale:
- Lesione da trazione
Si verifica lesione da trazione quando il danno al plesso brachiale è causato da un’eccessiva separazione tra collo e spalla oppure tra l’arto e il tronco.
- Lesione di compressione – schiacciamento
Una lesione di compressione – schiacciamento viene causata da un ematoma o da una contusione, spesso con frattura, del rachide cervicale oppure della regione claveare oppure della regione scapolare.
- Lesione di trazione – compressione
Le lesioni di trazione – compressione sono solitamente associate a fratture multiple con una lesione nervosa di grande estensione, dal plesso sovraclaveare a quello sottoclaveare fino ai rami terminali.
Lesione del plesso brachiale: trattamento
La lesione del plesso brachiale si inserisce frequentemente in un quadro di emergenza in cui il paziente necessita di intervento chirurgico urgente per altri eventi avversi come la presenza di ferite aperte, poli-traumatismi come lesioni viscerali dell’addome, trauma cranico con grave lesione neurologica, lacerazione o rottura dei vasi ascellari o sottoclaveari, con ischemia acuta dell’arto o emorragia grave.
Quando si verifica ischemia acuta dell’arto e si interviene chirurgicamente per riparare la lesione vascolare, è possibile procedere alla contestuale riparazione del plesso solo se la lesione è totale, generalmente da taglio e non contaminata. Se al contrario la lesione del plesso brachiale non è completa, occorre aspettare che trascorrano tre o più settimane dopo il trauma per fare una corretta valutazione dei danni e procedere così a un secondo intervento.
Perché sia eseguita con successo la riparazione delle lesioni del plesso brachiale intervengono neurochirurghi di eccellenza, esperti, che operano in centri specializzati.
Tumori dei nervi spinali periferici
I nervi spinali periferici possono essere colpiti da tumori benigni o maligni. Questa è la prima distinzione che è necessario mettere in luce quando si affronta il tema dei tumori dei nervi spinali periferici. Un’ulteriore importante valutazione nel trattamento dei tumori ai nervi spinali periferici riguarda la possibilità o l’impossibilità di asportare completamente il tumore senza recidere il nervo.
Una classificazione più specifica dei tumori benigni dei nervi spinali periferici li distingue in:
- Neurinomi, detti anche Schwannomi, perché originano dalle cellule di Schwann che producono il rivestimento di mielina degli assoni e fanno parte della glia, struttura con funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni;
- Neurofibromi solitari;
- Neurofibromi multipli, neoplasie caratteristiche della malattia di von Recklinghausen, che possono degenerare in neuro sarcomi.
I tumori maligni dei nervi spinali periferici possono essere classificati in:
- Neurosarcomi, designati anche con l’espressione “sarcomi neurogeni” o come “Schwannomi maligni”;
- Tumori neuroectodermici, tutte neoplasie estremamente rare.
Sintomi e diagnosi dei tumori dei nervi spinali periferici
I sintomi e i segni che possono essere manifestazione di un tumore dei nervi spinali periferici sono diversi e dipendono anche dalla sede della neoformazione. In corrispondenza della sede tumorale può evidenziarsi una tumefazione. Allo stesso tempo, o in alternativa, il paziente può lamentare disturbi della sensibilità sotto forma di parestesie, cioè alterazioni indolori della percezione che si manifestano come formicolio, intorpidimento, scosse elettriche. La sintomatologia può anche consistere o comprendere un disturbo di forza, che viene a manifestarsi in un arto.
Per diagnosticare i tumori dei nervi spinali periferici è necessario considerare l’esame obiettivo e i risultati di alcuni esami strumentali come l’ecografia, la radiografia, la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica nucleare.
Trattamento dei tumori dei nervi spinali periferici
Il trattamento d’eccellenza per i tumori dei nervi spinali periferici è chirurgico, consiste nella rimozione della neoplasia, che deve essere attuata da neurochirurghi di eccellenza, in grado di valutare ogni singolo caso e minimizzare le conseguenze dell’intervento.
La rimozione dei tumori dei nervi spinali periferici che possono essere asportati completamente senza la resezione del nervo non comporta l’insorgenza di deficit neurologici dopo l’intervento chirurgico. Questa evenienza favorevole si verifica con i neurinomi, tumori benigni che si mantengono ben distinti dai fasci di fibre nervose. Al contrario, i neurofibromi si sviluppano con una struttura fortemente integrata con i fasci del nervo e la loro asportazione determina conseguenze sul piano della funzionalità, anche se si tratta di tumori benigni.
Quando neurochirurghi di eccellenza devono operare tumori dei nervi spinali periferici maligni necessariamente la resezione sarà più estesa rispetto a quella necessaria per una neoformazione benigna. In questi casi il conseguente deficit neurologico può essere grave.
Talora, per tumori particolarmente aggressivi, può essere necessario ricorrere all’amputazione di un arto.
L’intervento chirurgico per rimuovere i tumori dei nervi spinali periferici viene realizzato con anestesia plessica, cioè iniettando l’anestetico in un plesso nervoso per mantenere il paziente sveglio, oppure praticando l’anestesia generale.
Neurochirurghi di eccellenza per interventi al sistema nervoso periferico: Prof. Antonino Raco
La diagnosi di una patologia al sistema nervoso periferico che richiede l’intervento della neurochirurgia pone al paziente la necessità di trovare dei punti di riferimento solidi, centri dedicati e neurochirurghi di eccellenza.
Il professor Antonino Raco è un neurochirurgo che può vantare di essere annoverato nella stretta cerchia dei neurochirurghi di eccellenza. Presso la Sapienza – Università di Roma è Professore ordinario della Cattedra di Neurochirurgia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia e Direttore del Master in “Tecniche chirurgiche e tecnologie innovative in neurochirurgia”. Oltre all’importante attività nell’ambito della neurochirurgia cerebrale, che lo rende noto a livello nazionale e internazionale come pioniere della Awake Surgery (cioè “chirurgia da sveglio”), Raco si distingue tra i professionisti del settore anche grazie alla competenza consolidata nel campo della chirurgia del sistema nervoso periferico e alle numerose pubblicazioni in materia.
Il professor Raco è Direttore dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma. Inoltre, visita e opera con un’équipe selezionata e competente alla clinica Villa Margherita di Roma. Offre anche consulenza presso l’Ospedale G. Panico a Tricase (LE), visita al Poliambulatorio di Specchia e al Medtech Center a Latina.