
Trauma cranico: Approfondimenti
7 Dicembre 2018 by Team Raco
Questa pagina è dedicata all’approfondimento e alla disambiguazione in riferimento a termini ed aspetti connessi alla patologia Trauma cranico. Per un quadro completo, si consiglia di leggere la pagina principale. Qui troverete informazioni dettagliate in merito a:
1. Danno assonale diffuso
2. Edema cerebrale: vasogenico, citotossico, interstiziale
3. Craniotomia decompressiva
4. Ernia transtentoriale: uncale, ascendente, delle tonsille cerebellari, del corpo calloso
1) Danno assonale diffuso
Insieme con l’edema cerebrale, il danno assonale diffuso è un quadro patologico di lesioni estese a diverse aree dell’encefalo. È definito “assonale” perché interessa gli assoni, cioè le fibre nervose conduttrici dell’impulso nervoso in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare del neurone. Il danno assonale diffuso rientra nel novero delle lesioni primarie, cioè quelle direttamente conseguenti al trauma cranico, che si verificano al momento dell’impatto della scatola cranica con una superficie dura.
Nei casi di danno assonale diffuso spesso ci si trova di fronte a una sorta di paradosso, che consiste in questo: le tecniche diagnostiche più comuni, cioè la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica nucleare, non riescono a rendere conto di un quadro clinico grave legato a danno assonale diffuso, ovvero le lesioni vengono sottostimate dalle rappresentazioni ottenute dalla radiologia.
Così vengono utilizzate tecniche più sofisticati, come la diffusione, che produce immagini di risonanza basate sulla mobilità dei protoni nell’acqua, e la spettroscopia, un metodo fondato sulle proprietà magnetiche dei nuclei degli atomi.
2) Edema cerebrale
L’edema cerebrale rappresenta una grave alterazione del sistema nervoso centrale che mette a rischio la vita del paziente. È caratterizzato da un accumulo di fluidi intra ed extra cellulari a livello cerebrale che determina un vero e proprio rigonfiamento del cervello. L’edema cerebrale costituisce una causa importante di ipertensione endocranica.
Le possibili cause dell’edema cerebrale sono: trauma cranico, ictus, arresto cardiaco, reazione allergica, tumori, infezioni secondarie a meningite o encefalite. La velocità con cui si instaura un edema cerebrale dipende dalla causa che lo provoca. A seconda della sua fisiopatologia si distingue l’edema cerebrale vasogenico, quello citotossico e quello interstiziale.
- Edema cerebrale vasogenico
L’edema cerebrale vasogenico è dovuto al danneggiamento della barriera ematoencefalica che provoca la fuoriuscita delle proteine intracellulari e del plasma negli interstizi extracellulari del parenchima cerebrale. L’alterazione della barriera ematoencefalica può essere dovuta a cause di natura fisica, come nei traumi cranici o nell’ipertensione, ma anche a cause di natura chimica, come nel caso di tumori che producono molecole vasoattive o distruttive.
- Edema cerebrale citotossico
Nell’edema cerebrale citotossico la barriera ematoencefalica risulta integra, ma è fortemente deteriorato il metabolismo cellulare. Infatti, in questi casi la pompa sodio potassio delle cellule non funziona più correttamente e si riversano negli spazi intracellulari del tessuto cerebrale acqua, sodio e potassio. La disfunzione della pompa sodio potassio si instaura in seguito a un insufficiente afflusso di ossigeno e glucosio.
L’edema citotossico compare quando la perfusione cerebrale è inferiore a 12 mg/100 g tessuto/min e spesso precede l’insorgenza dell’edema vasogenico. Costituisce un quadro patologico che si instaura in risposta a ischemia, traumi o problemi metabolici.
- Edema interstiziale
Sussiste edema interstiziale quando il liquor fuoriesce negli spazi extracellulari periventricolari. L’edema interstiziale generalmente si verifica quando c’è una rottura dell’ependima, la sottile parete di epitelio che individua i ventricoli cerebrali. Il danno all’ependima avviene nei casi di idrocefalo ostruttivo, una distensione anomala dei ventricoli a causa di una interferenza nel flusso del liquido cerebrospinale.
3) Craniotomia decompressiva
La craniotomia decompressiva rappresenta il trattamento chirurgico dell’ipertensione intracranica dovuta a edema cerebrale conseguente a trauma o a ictus.
Si tratta di una terapia che viene eseguita solo nei casi in cui i farmaci non abbiano avuto alcun effetto e il rischio di morte sia imminente. È quindi una “ultima spiaggia” per scongiurare l’esito infausto di una condizione molto critica del paziente. Infatti, con la craniotomia decompressiva si verificano complicazioni in un’alta percentuale di casi. Il 50% dei pazienti operati sviluppa una complicazione legata all’intervento, il 26% ne sviluppa più di una.
La craniotomia decompressiva viene realizzata rimuovendo un lembo di tessuto osseo. Viene così raggiunta la dura madre che viene a sua volta in parte rimossa e rimpiazzata con un sostituto durale che permette di aumentare lo spazio intradurale (duroplastica incrementale) e far scendere di conseguenza la pressione intracranica.
Il lembo di tessuto osseo non viene riposizionato perché attualmente non ci sono tecniche adeguate a garantire che ne sia mantenuta la vitalità e la sterilità. Così sopra il sostituto durale vengono reinseriti il muscolo residuo e la cute.
Dopo almeno sei settimane dall’intervento di craniotomia decompressiva è possibile procedere all’intervento di cranioplastica ricostruttiva che ripara il difetto osseo con il posizionamento di protesi adeguate.
4) Ernia transtentoriale
L’ernia transtentoriale consiste nello spostamento di parte dell’encefalo attraverso la dura madre nel forame tentoriale, una sorta di “foro” che si forma tra il margine anteriore del tentorio e lo sfenoide. Il tentorio è una struttura anatomica costituita da una duplica tura della dura madre che separa il cervelletto dai lobi occipitali del cervello.
L’ernia transtentoriale può coinvolgere il lobo temporale, il cervelletto e le strutture del tronco encefalico. Si possono distinguere quattro differenti tipi di ernia cerebrale: l’erniazione dell’uncus, delle tonsille cerebellari, del verme cerebellare e del corpo calloso.
1. Ernia transtentoriale uncale
Nell’ernia transtentoriale uncale si verifica lo spostamento verso il basso attraverso il forame tentoriale della parte mediale e basale del lobo temporale. Come conseguenza si ha la compressione del mesencefalo con un deficit di forza che può essere omolaterale o contro laterale, mentre la compressione del III nervo cranico è sempre omolaterale e provoca midriasi (dilatazione della pupilla senza che vi sia luce).
2. Ernia transtentoriale ascendente
L’ernia transtentoriale ascendente è così denominata perché si caratterizza per la risalita, cioè lo spostamento verso l’alto, del verme cerebellare, una struttura anatomica in rilievo tra i due emisferi cerebellari che costituisce la parte mediana del cervelletto. L’erniazione avviene attraverso il forame tentoriale e causa la compressione del mesencefalo. È un’erniazione piuttosto rara, talora iatrogena in seguito al posizionamento di un drenaggio nel ventricolo laterale e fuoriuscita copiosa di liquor.
3. Ernia delle tonsille cerebellari
Le tonsille cerebellari sono due strutture anatomiche adese al cervelletto che, sotto la spinta di una massa neo formata, erniano nel forame magno, il punto di passaggio fra cervello e midollo alla base del cranio. Questo tipo di ernia comporta disturbi gravi della respirazione, della pressione arteriosa e bradicardia e può causare il decesso del paziente.
4. Ernia del corpo calloso
L’erniazione del corpo calloso, una struttura del cervello che unisce i due emisferi al di sotto della grande falce cerebrale, provoca generalmente una emiparesi e quindi un deficit di forza contro laterale per compressione dell’arteria o delle arterie cerebrali anteriori che sono adagiate sul corpo calloso.